sabato, Gennaio 4, 2025

Il 22 dicembre, il giorno dopo il solstizio d’inverno, la luce torna a vincere l’eterna battaglia contro le tenebre. Il sole basso acceca e fa scintillare la neve come cristalli vivi. Con la guida di Sascha e Ivan, la salita verso il Monte Ocre riecheggiava il moto cosmico, incarnando simbolicamente la luce che torna a prevalere sulle tenebre una pedalata alla volta.

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L’avventura inizia da Civita di Bagno, un piccolo borgo a pochi chilometri da L’Aquila, segnato da un progressivo spopolamento, reso ancora più drammatico dal terremoto del 2009. Nonostante le difficoltà, Civita di Bagno guarda al futuro con determinazione, incarnando un simbolo di resilienza. Attraverso la valorizzazione del suo straordinario patrimonio naturalistico e culturale, il borgo si sta riscoprendo come meta ideale per chi cerca l’Abruzzo più autentico. Immerso tra paesaggi montani e sentieri incantevoli, Civita di Bagno invita archeologi, escursionisti e viaggiatori a vivere un luogo dove storia e natura si intrecciano in un racconto unico.

A poche centinaia di metri dalla partenza, infatti, ci imbattiamo subito nelle suggestive rovine di Forcona, che si stagliano sullo sfondo richiamando un passato glorioso. Antica città romana e poi medievale, Forcona conserva i resti di strutture urbane, mosaici e reperti che raccontano la vita di un centro dinamico, un tempo fulcro del territorio.

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Continuiamo pedalando su una comoda carrareccia, immersi in un paesaggio di straordinaria bellezza. Scorci panoramici mozzafiato si aprono su montagne brulle dai pendii rocciosi, che si alternano a cime innevate, nitide contro il cielo terso. È un panorama maestoso, tipico dell’Appennino abruzzese, dove l’isolamento si fonde con un’essenziale e potente bellezza naturale.

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Salendo di quota, abbandoniamo la carrareccia per inoltrarci su sentieri montani, ed il crepitio dell’erba ghiacciata che scricchiola sotto le ruote ci accompagna in un paesaggio gelido, di pura e incontaminata bellezza. Lungo il percorso si incontrano numerosi fontanili, un prezioso punto di ristoro nelle calde giornate estive, ma che d’inverno si trasformano in suggestive sculture naturali. L’acqua ghiacciata, modellata dal freddo, riflette i raggi del sole in giochi scintillanti, regalando al paesaggio un tocco di magia.

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Dopo quattro chilometri di salita, giunti in località Peschio Croce, ci concediamo una prima discesa su un trail a cui il mio amico Sascha ha dato un nome chiaramente evocativo “Giocando tra i Pini”. Il percorso ci conduce attraverso la Pineta Cordone, un bosco di pino nero di Villetta Barrea, specie autoctona dell’Appennino, piantato negli anni ’50 nell’ambito del Piano Fanfani di rimboschimento.

Questo luogo, originariamente pensato per avere la forma di uno stivale, è avvolto nel mistero. Nessun documento ufficiale ne certifica la progettazione, e la sua storia si basa su memorie tramandate e su una tragica leggenda: si narra che il progettista, tormentato da un errore nell’orientamento geografico – con il nord disegnato che non combaciava con il vero punto cardinale – si tolse la vita negli anni ’60.

Oggi, il tempo e la vegetazione hanno quasi completamente cancellato i contorni dell’opera originaria, visibili solo in una rara immagine del 1965. La pineta, però, conserva intatto il suo fascino, tra natura rigogliosa e storie sospese tra realtà e leggenda.

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Dopo circa un chilometro di esaltante slalom tra i pini imponenti, si torna a salire tagliando gli innumerevoli tornanti della via Vestina-Sarentina, fino al valico di Rocca di Cambio.

La percorrenza non è ceto banale, per lunghi tratti procediamo in un tunnel naturale, con i rami appesantiti dalla neve che incorniciano il sentiero. Lo sbuffo caldo del respiro rompe il silenzio immobile, mentre la luce filtra tra i rami amplificando la magia di questo corridoio gelido e incantato.

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Dal Valico di Rocca di Cambio ha inizio il tratto montano, il sentiero si fa più ripido, il fondo più sconnesso e la neve più profonda, rendendo ogni metro in sella una conquista …

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… e per lunghi tratti si rende necessario procedere spingendo la bici.

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Man mano che saliamo di quota, il vento gelido si intensifica, e la tramontana carica di ghiaccio si insinua come una carezza tagliente, amplificando la fatica e il fascino severo e implacabile della montagna d’inverno.

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Giunti al Muraglione, il punto più alto dell’itinerario odierno, e inizio della lunghissima discesa che ci condurrà nuovamente a valle, il clima rigido e poco invitante ci spinge a non indugiare troppo.

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L’imponente muro a secco, costruito secoli fa per demarcare la linea di confine tra il castello di Ocre ed il territorio Rocca di Cambio è chiaramente visibile anche sotto la neve. La necessità di una costruzione così imponente riflette l’importanza di stabilire confini chiari in un’epoca in cui il controllo di risorse come pascoli e vie di transito era cruciale. Si narra addirittura che, nottetempo, le pietre venissero spostate nel tentativo di alterare i confini a proprio vantaggio, causando spesso battaglie e contese. Sorprendentemente, queste tensioni legate alla gestione del territorio e ai diritti di utilizzo sono sopravvissute fino a tempi recenti, facendo del Muraglione non solo un testimone silenzioso della storia, ma un simbolo di dispute mai del tutto sopite.

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Dall’altro lato la linea di pietra guida lo sguardo verso l’immensità del paesaggio, dove si staglia il Massiccio del Gran Sasso, con il Corno Grande che svetta imponente, circondato da vette innevate che brillano sotto il sole invernale. Le nuvole, leggere come pennellate, accentuano la maestosità del panorama, mentre la valle sottostante si distende silenziosa, dominata dalla città de L’Aquila e punteggiata da innumerevoli altri piccoli borghi che sembrano scolpiti nella terra.

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Verso sud, lo sguardo abbraccia l’Altopiano delle Rocche, la vasta distesa pianeggiante situata tra i 1.200 e i 1.400 metri di altitudine e incorniciata dai monti dell’Appennino abruzzese. Tra questi, spicca il maestoso Monte Sirente, che domina il panorama e veglia sui borghi di Rocca di Mezzo, Rocca di Cambio e Ovindoli.

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Verso Est, invece, si erge la Maiella, la Montagna Madre, che ispira rispetto e racconta storie di natura selvaggia, eremi nascosti e tradizioni antiche.

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Con lo sguardo rapito dalla maestosità del paesaggio, oltrepassiamo il Muraglione e iniziamo la discesa lungo un sentiero che si sviluppa in mezzacosta sul versante settentrionale del Monte Ocre. Il primo tratto è decisamente impegnativo, il percorso innevato si snoda tra imponenti blocchi di roccia esposta, resi ancor più insidiosi dalla presenza di ghiaccio. Proseguendo, ci immergiamo nel bosco, su un single track più scorrevole e divertente.

Raggiunto il Rifugio Acquazzese, ci fermiamo per una meritata sosta, approfittando del riparo dai venti gelidi che ci hanno accompagnato in quota. Da qui, una insidiosa carrareccia di roccia ghiacciata ci conduce al Rifugio della Malequagliata.

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Dopo una pausa contemplativa sulla caratteristica poltrona di roccia, riprendiamo il cammino, pronti ad affrontare la seconda parte della discesa.

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È un’esperienza decisamente esaltante, circa sette chilometri di sentiero che si snoda in un magnifico bosco, serpeggiando rapido tra gli alberi. L’ambiente naturale, selvaggio e suggestivo, regala scorci mozzafiato e un senso di immersione totale nella bellezza incontaminata della montagna.

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Atterriamo nei pressi dell’incantevole borgo di San Panfilo d’Ocre, e appena fuori dall’abitato, arroccato su uno sperone roccioso, appare l’imponente Castello di Ocre. Visto dal basso, la sua struttura massiccia e irregolare sembra fondersi con la roccia, dando alla fortezza un aspetto organico e quasi naturale. Costruito nel XII secolo, il castello nacque come avamposto militare per controllare i territori circostanti e le vie di comunicazione che attraversavano questa parte dell’Abruzzo. All’interno si trovavano strutture essenziali per la vita quotidiana e la difesa, come cisterne per l’acqua e depositi. La prima menzione storica è del 1178, in una bolla di Papa Alessandro III. Durante il regno di Carlo I d’Angiò, nel 1266, divenne proprietà della Regia Corte e, nel corso del tempo, subì vari attacchi, tra cui quello del 1423 ad opera del condottiero Braccio da Montone, che ne segnò il declino. Tuttavia, il castello rimase abitato saltuariamente nei secoli successivi, fungendo anche da rifugio per le popolazioni locali durante le incursioni o i periodi di instabilità.

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Proseguendo il cammino, deviamo leggermente per ammirare il magnifico Convento di Sant’Angelo d’Ocre, che si erge maestoso su uno sperone roccioso del Monte Circolo. Fondato nel 1409 come monastero per monache benedettine accanto alla preesistente chiesa di Sant’Angelo del Peschio, nel 1480 Papa Sisto IV lo affidò all’ordine dei Frati Minori, tra cui il beato Bernardino da Fossa.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, il convento subì gravi danni per mano delle truppe tedesche, che devastarono arredi e una biblioteca di 1.500 volumi. Successivi restauri, tra il 1958 e il 1972, permisero un recupero parziale, ma il terremoto dell’Aquila del 2009 danneggiò nuovamente la struttura, portando all’abbandono da parte dei frati francescani.

Dopo anni di degrado, nel dicembre 2023 è stato avviato un progetto di ristrutturazione con un finanziamento iniziale significativo. I lavori, previsti per due anni, mirano a consolidare le strutture e preservare gli affreschi, con ulteriori risorse richieste per completare il restauro. Questo intervento rappresenta non solo la rinascita di un importante complesso architettonico, ma anche un simbolo della valorizzazione del patrimonio culturale della comunità.

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Riprendiamo il cammino affrontando un breve tratto in salita, che ci porta al valico superando l’imponente sperone roccioso. Da qui, ci lanciamo nuovamente in discesa, percorrendo un sentiero leggermente esposto ma straordinariamente panoramico, con vedute spettacolari che si aprono verso le vette innevate del Gran Sasso, degna conclusione di un’esperienza indimenticabile, immersi nella natura incontaminata e nella storia millenaria dell’Abruzzo più autentico.

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E come ogni avventura che si rispetti, la nostra si conclude nel modo migliore: al Bar Caffetteria Da Lorenzo !

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Questo accogliente ritrovo bike-friendly diventa il palco perfetto per il gran finale. Tra un gustoso tagliere di specialità locali e un calice di birra fresca, condividiamo non solo emozioni e sorrisi, ma anche preziose informazioni storiche e aggiornamenti sui luoghi visitati durante il giro, rendendo la pausa un momento di arricchimento e convivialità. Con grande piacere apprendo dell’esistenza in zona di innumerevoli sentieri da esplorare, e per questo saluto i miei nuovi amici con un arrivederci.

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Sintesi video della discesa

Album fotografico in HD

M.O.T.A. Muraglione
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