Lo sa bene chi ha avuto modo di conoscerlo, nei giri di Carmine i numeri contano poco, 27 chilometri con 923 metri di dislivello cumulato danno l’idea di un itinerario alla portata di tutti, ma non è così. Giungendo alla meta si bacia la terra come Colombo quando sbarcò sulle spiagge di San Salvador.
Appuntamento a Passo della Fortuna, e considerando che spesso si parte dal piazzale di un cimitero la circostanza suscita il buon umore, ma stabilito il contatto proseguiamo in auto fino ai margini di una carrareccia in località Prata, dove, inforcate le bici, iniziamo a pedalare su asfalto per guadagnare quota.
La salita è costante ma inesorabile, Pisoniano, Capranica Prenestina, poi Guadagnolo, 20 chilometri senza un attimo di tregua fino alla valle di Omo Morto, e la toponomastica certe volte stupisce per capacità evocativa.
Un ultimo sforzo e siamo sul monte Guadagnolo, e per fortuna c’è Peppe che ci rimette al mondo con le sue proverbiali ciambelline da intingere nel vino rosso, è divenuta ormai una sosta rituale quando siamo da queste parti. Una bella zuppetta, quattro chiacchiere in allegria, poi ci vestiamo per la discesa, e dal dolce si passa al piccante.
Iniziamo subito con una rampa di scale, per mettere in circolo l’olio nelle sospensioni, poi un salto inventato sfruttando un marciapiede che stacca oltre un metro da terra, ed eccoci sopra il santuario della Mentorella. E’ un luogo è irreale, un cristallo rosa confetto incorona uno spuntone di roccia brulla, da qui inizia la discesa vera, e la protezione della madonna risulta quantomai gradita.
Dal piazzale antistante il santuario imbocchiamo il sentiero 502, nella nomenclatura CAI, ma i pellegrini preferiscono intitolarlo a Wojtyla, per essere particolarmente gradito al vecchio Papa nelle passeggiate di preghiera e meditazione, e qualcosa di metafisico senza dubbio si percepisce. Uno stretto passaggio si addentra in una foresta lussureggiante, zigzagando tra possenti radici saldamente ancorate alla roccia.
Esitare non è concesso, bisogna andare, e il suono sordo delle ruote che scorrono sugli spuntoni di roccia inebria e dà coraggio, ce la posso fare! Carmine ogni tanto si ferma, mi suggerisce le traiettorie nei passaggi critici, la posizione corretta affrontando i tornanti, un vero maestro, attento e premuroso, anche se sui gradini più importanti ed i gomiti da nose-press su fondo smosso, non sempre riesco a tradurre in pratica le buone intenzioni.
Il sentiero Wojtyla costringe a fare i conti con i propri limiti, ma alla fine è clemente, l’assenza di tratti esposti ed eccessivamente pericolosi lo rendono il luogo adatto ad affinare tecnica e capacità di concentrazione. Tentando un bilancio, quindi, devo dire che sebbene non sia riuscito a fronteggiare tutti i passaggi con stile, di sicuro con questa esperienza ho alzato di almeno un palmo l’asticella delle cose possibili, e facendo tesoro degli insegnamenti del mio caro tutor, avrò da lavorare anche nelle uscite future.