Il Soratte, la montagna che svetta solitaria nella Valle de Tevere, da sempre è testimone silente di grandi imprese. Fu dimora degli asceti alla ricerca di un punto di contatto tra cielo e terra, presidio strategico nelle mappe dei grandi guerrieri, e oggi è, più mestamente, seducente complice dei nostri giochi.
Specifiche
Tipologia | All Mountain |
Difficoltà Fisica* | Media |
Difficoltà Tecnica | Media |
Protezioni | Consigliate |
Fonti d’acqua | Presenti a Sant’Oreste ed in cima al Soratte nei pressi del monastero |
Lunghezza | 17,4 Km |
Ascesa totale | 728 mt |
Durata Giro | 3 ore |
Dopo una notte di pioggia, io e Marino partiamo solcando la nebbia per guadagnare la vetta della montagna magica.
Gli giriamo attorno per intercettare le rampe sul versante occidentale, poi la salita diventa più dura, percorrendo le gallerie militari realizzate dai tedeschi per presidiare i cieli sopra la Capitale. Spingendo sui pedali guadagniamo quota, superando i banchi di nebbia, sotto di noi la campagna romana avvolta nelle nubi, al nostro fianco sinistre sagome di cannoni puntati verso il cielo.
Confortati dalla ruggine che ormai campeggia nelle bocche di fuoco, procediamo alla volta di Sant’Oreste, per sorseggiare un buon caffé nella piazzetta del paese, prima di imboccare la salita più dura.
Superata la sbarra fatica e sudore diventano compagni di viaggio. Pedalando a ritmo moderato e costante entriamo in quello stato di trance che i ciclisti più esperti conoscono bene, e in due chilometri di cementata guadagniamo i duecentocinquanta metri che ci separano dalla vetta.
Al termine della salita il monastero di Santa Maria delle Grazie, poi, dopo le scalinate ed un passaggio su roccia nuda, giungiamo al romitorio di San Silvestro, magnifica struttura costruita nel IV secolo sui resti del tempio di Apollo, con all’interno affreschi del cinquecento. Esposto per secoli agli atti vandalici ora l’ingresso è barricato da una massiccia cancellata che democraticamente impedisce l’ingresso tanto ai ladri, quanto ai più innocui appassionati d’arte.
Dietro al romitorio la bella piazzetta panoramica. La piana del Tevere si intravede nella coltre di nubi ma l’immagine di gente intenta alla lettura in un paesaggio irreale, sospeso nel tempo, infonde ottimismo, c’è ancora qualche speranza per l’umanità.
Ci intratteniamo con qualche trekkista per cogliere indicazioni utili a sperimentare nuove linee in discesa ma basta poco a capire che la differente percezione di ciò che è fattibile in bici rende il dialogo poco produttivo, quindi, indossate le protezioni iniziamo la discesa sui percorsi conosciuti da Marino.
Dall’Eremo al Monastero la roccia viva scorre sotto le ruote senza toccare i freni, poi entriamo nel bosco seguendo il trail le Carboniere e la libidine sale alle stelle. Tratti flow inframmezzati da passaggi su roccia, gradoni e curve strette danno tanta soddisfazione. Qualche roccia resa viscida dalle recenti piogge suggerisce prudenza ma i tratti terrosi garantiscono un grip eccellente, assicurando un ottimo controllo nei gomiti e nei passaggi critici.
Con grande soddisfazione giungiamo sul sentiero Vita, poi ancora giù su un altro trail che attraversando il magnifico bosco di Santa Romana conduce ai piedi del monte.
Uscendo dagli alberi procediamo in salita sulla via di Verzano, poi, nei pressi di un casolare, imbocchiamo la discesa finale, il trail Mistico, che ci conduce a valle. La discesa è spassosa, molto flow e divertente, ma non è gratis, porge il conto alla fine. Per tornare alla base tocca affrontare una dura salita su carrareccia dal fondo sconnesso, non è il massimo dopo tanta goduria, ma guadagnato a fatica il nastro di asfalto si prosegue in discesa, giungendo all’auto tranquilli e rilassati.