Questo itinerario conduce all’esplorazione del Monte Le Quàrtora (1.783 m slm), che insieme al monte Cerasitto (1.754 m slm) ed al Monte Rotondo (1.654 m slm), costituisce il primo contrafforte sud-occidentale della Conca Aquilana. È un territorio di mezzo, più della collina e non proprio alta montagna, e per questo sconosciuto alla maggior parte degli escursionisti, ma che offre panorami suggestivi e una intrinseca storicità legata alle testimonianze di una società agro-pastorale ormai scomparsa.
La traccia del percorso
Parcheggiata l’auto in uno slargo lungo via Collicigliu, nei pressi di Rio Piano, ci addentriamo nel paesaggio collinare pedalando su una strada poco trafficata.
Serve un po’ di pazienza, il trasferimento è lungo, e il giro sembra non decollare mai, per i primi 16 chilometri si percorrono brevi tratti di sentiero che, dopo un assaggio di guida in fuoristrada, ci consegnano nuovamente all’asfalto. Circumnavigando la montagna si lambiscono diversi centri abitati, Colle di Lucoli, Spogna, Lucoli Alto e Casamaina, l’ultimo presidio di cività prima dell’ascesa.
La presenza di qualche gru svettante riecheggia il dramma del terremoto, qui si sono sentiti entrambi, quello del 2009 con epicentro a L’Aquila e quello del 2016 con epicentro ad Amatrice, ma l’osservazione dei luoghi restituisce l’immagine di una comunità operosa e sorridente, che ha rimesso a nuovo gran parte degli edifici, ed alcune emergenze architettoniche di grande interesse, tra cui spicca l’austera Abbazia di San Giovanni Battista, un complesso benedettino risalente al XIII secolo ottimamente restaurato.
Proprio sul fianco dell’abbazia inizia una carrareccia piacevolmente ombreggiata, ma è una gioia fugace, dopo poche centianaia di metri si interseca nuovamente l’asfalto che ci accompagnanerà fino a Lucoli Alto.
Attraversiamo il piccolissimo paese, per imboccare un sentiero un po’ più lungo, che dopo un nuovo taglio della statale, ci immette in quello che sembra un percorso spirituale e devozionale tra la Cappella di Sant’Antonio (1800) e la suggestiva cappella rupestre della Madonna di Pechio Cancelli (1987), ma probabilmente il percorso spirituale inizia proprio dall’Abbazia di San Giovanni Battista, non ho trovato notizie certe a riguardo.
Superata Casamaina intercettiamo una strada bianca ed iniziamo finalmente a salire, e guadagnando quota cominciamo ad apprezzare la vera bellezza dell’itinerario. Pian piano ci addentriamo in un paesaggio aspro, irregolare e disseminato di sassi di ogni dimensione, un ambiente ostile che sarebbe destinato a rimanere selvaggio e incolto, se non fosse che per la comunità locale trasformare questo paesaggio in campi coltivabili non era una scelta, ma una necessità per la sopravvivenza.
È così che, osservando con attenzione il terreno, si scorgono ancora le antiche macere, muri a secco realizzati con le pietre raccolte dai campi durante la pulizia del terreno per renderlo coltivabile. Con le macere si delimitava le proprietà ma si creavano anche terrazzamenti per contenere il terreno e prevenire l’erosione. Una fatica immane, un’arte tradizionale tramandata di generazione in generazione da comunità operose che lavorando per decenni sotto il sole cocente con assoluta povertà di mezzi, hanno trasformato la montagna brulla e inospitale in fiorenti pascoli e fertili campi in cui coltivare grano e patate.
Il nome stesso della montagna Le Quàrtora, ha un’origine legata alla tradizione agricola e pastorale, e si riferisce alla pratica di riservare una quota di prodotti agricoli o latte e derivati del latte, come il formaggio e ricotta, per i proprietari terrieri, come tributo per l’uso delle terre di pascolo. Questa tradizione si inserisce nel contesto della transumanza, il trasferimento stagionale delle greggi dai pascoli montani a quelli più miti delle pianure durante l’inverno. Il termine “quartora” deriva dal latino “quarta hora,” che indicava la quarta ora del giorno, tra le 15 e le 16 dell’ora comune, momento in cui i pastori si fermavano per il pasto e per la distribuzione dei prodotti.
Continuiamo a salire in un paesaggio lunare, la méta è ormai vicina.
Ancora un ultimo sforzo e siamo in cima, passiamo vicino al Tabellone, Ju Tabellò, come dicono a L’Aquila, l’orrido ripetitore passivo che se non fosse più in funzione sarebbe il caso di eliminare.
Sullo sfondo una vista mozzafiato sulla Conca Aquilana e la città de l’Aquila.
Dalla vetta la vista è strepitosa, la dorsale montuosa interna con attestamento sul Monte Ocre (2.204 metri sul livello del mare) e sul Monte Cagno (2.152 metri sul livello del mare).
Verso Est il Colle Cirasitto (1.760 m slm) ed in basso la città de L’Aquila con sullo sfondo il Corno Grande ed il massiccio del Gran Sasso a disegnare la linea dell’orizzonte.
Sulla vetta il vento soffia impetuoso, ma il sempervivum montanum si esibisce senza timore in una splendida fioritura, impreziosendo il paesaggio brullo e roccioso con un turbinio di stelle di color rosa vibrante.
Rimarchiamo la scritta un po’ sbiadita, poi indossiamo le protezioni ed iniziamo la discesa.
Nel primo tratto si viaggia veloce in freeride, planiamo sulle pendici del monte con sullo sfondo una strepitosa vista sulla città dell’Aquila, sembra di tuffarcisi dentro. In breve siamo nella Conca di Campoli, con i ruderi delle Case Michetti sul bordo. È un tipico villaggio d’altura ormai in abbandono, che fino al 1970 ha offerto rifugio ed accoglienza a pastori e contadini che d’estate salivano da Lucoli per coltivare la fertile piana e portare gli animali al pascolo. Dopo una breve sosta tra quelle antiche mura, testimoni silenti di gioie e dolori di una civiltà ormai scomparsa, svalichiamo sul versante nord-orientale e continuiamo la discesa.
Scendiamo percorrendo un sentiero in mezzacosta. Il fondo diventa sempre più sassoso, poi si entra nel bosco, e tenere la bici su passaggi ripidi dal fondo smosso richiede un bel po’ di maestria nella guida tecnica, è il tratto più divertente per chi piace il genere.
Video dei momenti salienti
In sintesi
Dal punto di vista ciclistico, questo percorso è molto godibile e non presenta particolari difficoltà, né in salita né in discesa. Con una ebike si può pedalare fino alla vetta, mentre con una bici muscolare è necessario essere ben allenati, altrimenti sarà inevitabile affrontare a piedi alcuni brevi tratti più ripidi. La discesa è alla portata di chiunque abbia un minimo di capacità tecnica nella guida su sentieri di montagna, diventando più impegnativa solo nel tratto finale a causa del fondo smosso e sassoso, ma comunque sempre gestibile e mai estrema. Il pezzo forte di questo giro sono gli incredibili panorami sulla Conca Aquilana e la vista su un ambiente naturale molto brullo, ma sorprendente per gli straordinari contrasti di colore della sua conformazione geologica.