Un anello epico tra storia, salite toste e discese da urlo 😱
Si parte da Civita di Bagno, ai piedi del maestoso Monte Ocre. Da qui inizia il nostro anello: una lunga salita che ci porterà fino allo storico Muraglione, costruito in quota sulle pendici del monte, un tempo confine conteso tra Ocre e Rocca di Cambio.
È una reinterpretazione del giro fatto con la neve questo inverno, ma questa volta, prima di affrontare la salita vera e propria, ci concediamo una deviazione verso il suggestivo Castello di Ocre. Un passaggio affascinante, che ci regala anche un primo assaggio di discesa — una “bonus track” perfetta per sciogliere le gambe e testare le sospensioni prima del gran finale.
Una volta guadagnato il Muraglione, inizia il bello: quasi 20 chilometri di flow tecnico, veloce e vario, immersi in scenari spettacolari, fino a tornare al punto di partenza e chiudere il giro ad anello.
Un’altra giornata da ricordare, guidati dal mitico Sascha.
Dopo un brevissimo tratto di asfalto, si comincia subito a salire: un sentiero ripido ci strappa il fiato fin dai primi metri, portandoci a intercettare la Via dei Frati, uno stradello un po’ smosso ma pedalabile.

Dopo una breve sosta panoramica – lo sguardo abbraccia la vallata sottostante e le cime che ci attendono – affrontiamo una discesa che ci conduce fino al suggestivo Convento di Sant’Angelo.

Per ammirarlo nella sua angolazione più scenografica, ci concediamo una piccola deviazione: incastonato nella roccia, il convento risale all’anno Mille e sembra sospeso tra terra e cielo, un tempo rifugio di eremiti e oggi sentinella silenziosa dell’altopiano. Dopo secoli di spiritualità e isolamento, fu abbandonato e lasciato al tempo e alle intemperie. Oggi, finalmente, è oggetto di un progetto di recupero che punta a restituirgli nuova vita, senza intaccarne il fascino antico e la sua aura quasi mistica.

Da qui si riprende a salire, dapprima lungo un sentiero ripido, poi tra le radici del bosco, fino a sbucare davanti al Castello di Ocre. Questo antico fortilizio, costruito nel XIII secolo e arroccato su uno sperone panoramico, domina l’area sottostante con le sue mura imponenti. Un luogo che profuma di Medioevo e mistero, dove il tempo sembra essersi fermato.

Ed è proprio da qui che parte il nostro primo vero anticipo di discesa: tre chilometri di flow scorrevole e vario. Si parte in cresta, poi il sentiero taglia il fianco della montagna in mezzacosta, regalando una vista mozzafiato sull’altopiano di Poggio Picenze, con il Monte Cerro che si staglia nella piana. Il trail si infila nel bosco, alterna passaggi veloci a tratti più tecnici, atterrando nei pressi del piccolo borgo di Casentino.
Da qui, un breve ma deciso tratto in salita — circa un chilometro di single track che si snoda tra cespugli, alberi bassi e pietre affioranti — ci riporta ancora una volta in quota, dove il respiro si fa più ampio e lo sguardo si allarga all’orizzonte. Raggiungiamo un magnifico punto panoramico, uno di quelli che ti obbligano a fermarti, anche solo per un istante. Davanti a noi, l’Altopiano delle Rocche si stende come un tappeto verde, punteggiato di casali, boschi, pascoli e campi coltivati. La luce del sole accarezza dolcemente i rilievi, disegnando ombre lunghe e morbide che si rincorrono sulle colline.

Dall’altro lato la vista spazia sulla conca aquilana ed il Gran Sasso innevato, è uno di quei momenti sospesi in cui tutto si ferma, anche il tempo.
Dopo esserci rigenerati, ripartiamo con entusiasmo: ci attendono un paio di chilometri di discesa divertente, lungo un sentiero che scende deciso verso valle, fino a raggiungere il paese di Tussillo.

Fin qui, un bel saliscendi: in complesso quasi cinque cilometri di discesa sfiziosa, un antipasto ricco e saporito, perfetto per stuzzicare l’appetito in vista del piatto forte. Ma adesso il gioco si fa serio. Da Tussillo inizia la salita più impegnativa: si punta dritti verso l’antico Muraglione, incastonato sulle pendici del Monte Ocre, a quota 1.600 metri. Ci aspettano mille metri di dislivello spalmati su una dozzina di chilometri.
I primi tratti scorrono relativamente regolari, tra stradoni e tornanti sempre più sassosi. Col passare dei chilometri, però, la pendenza inizia a farsi sentire. Le gambe spingono, il respiro si accorcia, e il ritmo si adatta al passo lento e costante della montagna.

Poi, improvvisamente, un punto panoramico ci regala una pausa naturale: la vista sull’Altopiano delle Rocche si apre davanti a noi, con la cima innevata del Sirente che brilla in lontananza e la sagoma maestosa della Maiella a fare da sfondo. È uno di quei momenti che riaccendono la motivazione, anche quando le energie cominciano a calare.

Affrontiamo così l’ultimo tratto, quello che ci porta proprio sotto l’antico muraglione, puntando dritti verso il Monte Ocre e il Monte Cagno, ancora spruzzati di neve. È la parte più ostica dell’intera salita: il fondo si fa più ruvido, la pendenza più severa, e in alcuni tratti più ripidi si procede con bici a spinta. Anche l’atmosfera cambia. Tutto diventa più silenzioso, più rarefatto. I rumori si attenuano, i pensieri si fanno più lenti. Ogni metro guadagnato è un piccolo trionfo personale.

Ma, come si dice spesso nelle cronache di montagna, la fatica è ben ripagata!
L’arrivo al muraglione è un tuffo nella storia in un contesto naturalistico di grande bellezza. Questa lunga parete in pietra, costruita secoli fa per delimitare i confini contesi tra il territorio di Ocre e quello di Rocca di Cambio, in un epoca in cui i pascoli montani rappresentavano una risorsa preziosa e vitale, è uno dei segni più antichi e affascinanti dell’uomo in quota. Si snoda per centinaia di metri lungo il pendio, come una cicatrice elegante sulla pelle della montagna, e resiste ancora oggi al tempo e agli elementi, raccontando antiche storie di pastori.
Attorno, la natura esplode in tutta la sua potenza: la conca aquilana si apre ai nostri piedi, incorniciata a nord dalle cime abbaglianti del Gran Sasso, ancora innevate, maestose, quasi irreali nella loro perfezione.

Dall’altra parte, il massiccio del Monte Ocre veglia su di noi con l’austera eleganza di chi conosce il tempo e le stagioni. È una presenza silenziosa ma imponente, che sembra osservarci con severa benevolenza… e ci invita, quasi ci sfida, a tornare presto per salire fin sulla sua cima, non appena la neve lascerà spazio ai sentieri.
E in tutto questo, quella sensazione profonda e silenziosa di aver conquistato qualcosa di autentico. Non un traguardo da cronometro, ma una vetta dello spirito. Con impegno, fatica, e quel pizzico di ostinazione che ogni montagna, in fondo, chiede per lasciarsi raggiungere.

Dopo una meritata sosta, sormontiamo le antiche pietre, e diamo inizio alla discesa infinita. Ci aspettano quasi venti chilometri di pura goduria, ma non senza insidie. Il primo tratto è il più montano, ruvido e selvaggio: il sentiero è disseminato di grossi sassi, e passaggi tecnici che mettono alla prova la guida e le sospensioni.
Superato questo tratto, ci si infila in un bosco fitto e fresco, dove l’aria sa di terra umida e muschio. Poi si apre improvvisamente un tratto veloce, uno stradone sassoso con rocce affioranti, da affrontare con attenzione ma con quel brivido di velocità che rende euforico. A ogni curva, si aprono scorci meravigliosi sull’altopiano e sui monti in lontananza.
Raggiungiamo il rifugio Malequagliata, e qui ci concediamo una breve pausa: l’acqua freschissima del fontanile ci rigenera, e la foto di gruppo sulla poltrona panoramica scolpita nella roccia è ormai un rito.
Un attimo di quiete, poi via di nuovo.

Dopo un breve tratto di stradone, inizia la discesa più bella. Si apre con una sezione aerea e panoramica, dove il sentiero scende deciso lungo il fianco della montagna, regalando una vista spettacolare sulla conca dell’Aquila. È uno di quei momenti in cui ti scopri combattuto: da una parte, la voglia di lasciar correre la bici, farti trasportare dalla velocità e dal flow naturale del tracciato; dall’altra, il desiderio di rallentare, alzare la testa e godere del magnifico paesaggio che si apre davanti a te. Una piccola, intensa lotta interiore tra adrenalina e contemplazione.

Poco dopo, il tracciato si tuffa nel bosco: un magnifico sentiero naturale che scorre sinuoso tra le alberature, un vero paradiso per gli amanti del trail riding. Il fondo è in prevalenza liscio e scorrevole, con un ritmo fluido che invita a lasciar andare i freni. È un natural flow veloce e intuitivo, modellato dalla montagna stessa, ma reso ancora più avvincente da qualche sezione tecnica: curve strette, radici affioranti, piccoli gradoni naturali. Ogni tanto spunta un drop, discreto ma perfetto per staccare le ruote da terra e dare un tocco di adrenalina alla discesa.

È uno di quei sentieri che sembrano disegnati apposta per divertirsi, dove il piacere di guidare si fonde con quello di esplorare. Un regalo della montagna, che ci accompagna con leggerezza fino a valle.

Si atterra nei pressi di San Panfilo d’Ocre, e da lì si riprende fiato prima di affrontare l’ultima breve ma intensa salita, per aggirare il monte sul versante occidentale. Il dislivello non è proibitivo, ma dopo una giornata in sella le gambe cominciano a cedere. E per chi ha finito la batteria della e-bike, ogni metro diventa una impresa da affrontare a testa bassa.
L’ultimo tratto in discesa ci riporta a Civita di Bagno, chiudendo l’anello con il sorriso stampato e la sensazione di aver vissuto qualcosa di speciale.

Una giornata fatta di risate e silenzi, euforia e sudore, fatica e libertà, in un contesto paesaggisticamente strepitoso. Di quelle che restano a lungo, impresse nella memoria… e nelle gambe.
VIDEO-SINTESI by Enrico
Album fotografico completo

La traccia in versione ridotta
Nel caso si voglia contenere il dislivello complessivo evitando il sali e scendi iniziale, per dirigere direttamente verso il Muraglione, forniamo una traccia alternativa.