Giro bellissimo ma molto duro, 93 km di lunghezza con 2.673 metri di dislivello cumulato, per un affondo memorabile nella Riserva Naturale dei Monti Lucretili. Dal varco di Crepacuore, alla Valle dell’Inferno, sui sentieri degli antichi pellegrini, per attraversare i monti della Riserva Naturale di notte con il favore della luna.
La traccia del percorso
Partenza da Monterotondo in direzione Marcellina, l’ingresso nel bosco di Gattaceca mette subito di buon umore, l’abbondante fioritura del ciclamino selvatico regala al manto autunnale una straordinaria vivacità.
Uscendo dal bosco in prossimità di Castelchiodato, si prosegue su asfalto fino ad imboccare via di Crepacuore, che a dispetto del nome sinistro, costituisce un piacevole passaggio verso Marcellina, costeggiando numerosi torrenti all’ombra dell’abbondante vegetazione ripariale.
Da Marcellna inizia la dura scalata del Monte Morra fino a Prato Favale, ma il buon rotolamento sul fondo stradale aiuta ad affrontare la salita, superando agevolmente pendenze a tratti anche molto impegnative. Giunti in prossimità del Monte Morra si abbandona l’asfalto e si procede su un ripido sentiero in salita, fino ad un nuovo tronco stradale che porta a San Polo dei Cavalieri.
Nei progetti originari i due tratti di strada, quello che termina a Prato Favale e quello che dal Monte Morra conduce a San Polo, dovevano essere connessi, creando un collegamento viario supplementare tra San Polo e Marcellina. Per superare il dislivello esistente con pendenze stradali, però, sarebbe stata necessaria la realizzazione di qualche rampa, deturpando la bellezza dei luoghi per realizzare una connessione oggettivamente superflua. In definitiva, il confronto dialettico tra posizioni contrastanti ha prodotto due strade cieche, ma a giudicare dai lavori in corso, è probabile che la vicenda non sia da ritenere conclusa.
Si percorre la strada verso San Polo, ma dopo poco, in corrispondenza di un ponticello con indicazione Fontana Longarino, si svolta a destra e passando sotto la strada si prosegue sul sentiero 303B, entrando nella Valle dell’Inferno.
Il nome sinistro rende bene l’idea di un luogo inospitale, un territorio carsico profondamente segnato dal fiume Ronci, affluente dell’Aniene, e numerosi altri torrenti secondari, che con la loro opera di erosione hanno scavato le rocce calcaree, creando pareti a strapiombo e doline.
Nel mezzo della Valle, le rovine della Madonna dei Ronci, un piccolo e sperduto santuario del quale resta in piedi solo qualche muro, con l’effige gentilizia degli Orsini, ma le cui origini sono avvolte nel mistero. Le notizie più recenti la vedono meta di un percorso di penitenza che si svolgeva nel mese di maggio, quando le nevi del Follettoso cominciavano a sciogliersi, avviando un nuovo ciclo di vita.
Pellegrini provenienti da Vicovaro, Cantalupo, Bardella e da altri siti della Valle dell’Aniene, si radunavano nella chiesa di S. Maria del Sepolcro, e dopo essersi rifocillati nel corpo e nello spirito, iniziavano l’impervio ed aspro “ sentiero della penitenza”, inerpicandosi a piedi nudi tra i sassi taglienti fino alla chiesetta. E’ un luogo di grande suggestione, il verde rigoglioso e le profonde gole rocciose a picco sul fiume, il suono sinistro del vento che si incanala nei crepacci, incarnano perfettamente l’idea romantica di sublime, magnificenza e terrore al contempo, tanto da meritare il nome di Valle dell’Inferno.
E dall’epoca degli antichi pellegrini non è cambiato molto. Il sentiero per lunghi tratti segue le linee di incanalamento dell’acqua piovana, che per l’azione erosiva trascina il terriccio lasciando roccia esposta, ghiaione e sassi.
Raggiungere Licenza non è per niente facile, i tratti pedalabili sono davvero pochi e per due terzi del percorso è necessario procedere a spinta, senza neanche fontanili dove fare rifornimento d’acqua. La vista di Licenza arroccata sulla collina sembra quasi un miraggio, dopo un passaggio così impegnativo una sosta per bere e mangiare qualcosa è quantomai necessaria, anche perché il sole sta quasi per ritirarsi tra i monti e resta da fare ancora metà percorso.
Giunti in prossimità della Villa di Orazio però, non si può passar dritti. Bisogna rendere omaggio ad un artista poliedrico, nato a Venosa, all’epoca Lucania (I sec. d.C), studiò ad Atene ed infine si trasferì a Rom e dopo aver ricevuto il titolo di Magnate si ritirò in questa dimora tra i monti, dedicando gran parte delle sue opere mature a questi luoghi ed intitolando il gruppo montuoso all’amico Lucrezio.
A cena due banane (ottimo rimedio contro i crampi) ed un bel gelato al cioccolato fondente, poi riempita la borraccia e montato il faretto a LED si parte per l’attraversamento di una delle parti più selvagge dei Lucretili, in compagnia di una magnifica luna piena. Si inizia in salita su asfalto fino a Civitella, poi si imbocca una carrareccia in discesa fino ad una presa d’acqua, e da qui comincia la dura salita su uno stradello un po’ dissestato ma pedalabile. Procedendo su una interminabile serie di rampe, si scala il Monte Santo Chirico fino ai pascoli in quota, mentre le luci notturne di Licenza pian piano scompaiono nella foschia e la luna resta l’unica compagna.
Esperienza totale, cercata a lungo. Prima il silenzio, profondo, poi si comincia a sentire la vita del bosco, diffidente, discreta. Gli uccelli appollaiati sui rami al passaggio si spostano, civette e barbagianni lanciano sinistre grida d’allarme evocando paure ancestrali, una bellissima volpe si affaccia sulla strada, mi guarda e scappa via, un gruppo di cinghiali intenti a grufolare tra i cespugli continuano come se non ci fossi. Nel buio pian piano prendono forma gigantesche sagome, buoi adagiati sull’erba, alcuni si alzano di scatto, animali per natura mansueti ma se decidessero di caricare diventerebbero molto pericolosi, massimo silenzio, quindi, e fari bassi per non disturbare.
Al termine della dura salita il bivio Pizzo Pellecchia – Capo di Porco, procedo per il Casale entrando nel bosco, un singletrack che a farlo di giorno mette paura, di notte che te lo dico a fa’…
un attimo di raccoglimento e poi giù a mazzetta fino a Monteflavio.