Questa avventura ci porta ad esplorare alcuni dei luoghi più remoti e selvaggi del parco dei Monti Lucretili, dove la natura regna sovrana e ogni pedalata è un invito alla scoperta. Tranne qualche piccolissimo tratto, il giro si svolge su sentieri naturali che si snodano tra prati fioriti e boschi ombrosi, dove il sole filtra tra le foglie creando giochi di luce e ombra, in un mondo di bellezza incontaminata. Ma prima di scaricare la traccia e segnare il giro in agenda, tenete a mente che ogni avventura ha il suo costo. Sarete chiamati a percorrere sentieri poco frequentati e non specificamente predisposti alla percorrenza in bici, destreggiandovi tra gradoni di roccia in salita e discesa, passaggi stretti tra gli alberi e tratti dal fondo smosso e sassoso che restare in sella non è facile, e quando finalmente arriva un tratto in discesa, tenetevi pronti a subire le frustate delle ginestre e le carezze taglienti dei rovi in aggetto.
Se tutto questo non vi spaventa, allora ogni fatica sarà ripagata da momenti di pura magia, diventando parte di un’esperienza indimenticabile.
La traccia del percorso
Cimata delle Serre – La Via dei Lupi
Partiamo da Orvinio, dal comodo parcheggio multipiano situato a ridosso del centro storico, e dopo poche centinaia di metri, imbocchiamo una carrareccia a sinistra, che con pendenze mai proibitive, in circa quattro chilometri ci porta a quota mille per intercettare la Via dei Lupi.
Superato il cancello di legno inizia la parte più bella, si procede sulla cresta della Cimata delle Serre, percorrendo un sentiero naturale che si addentra tra fitte alberature con un continuo sali e scendi, con fondo in prevalenza scorrevole e compatto …
… ma non mancano passaggi più tecnici, per sormontare lastroni di roccia e tratti più pietrosi che mettono a dura prova l’equilibrio e la capacità di guida in fuoristrada.
Dopo circa tre chilometri di bosco fitto, il sentiero conduce ad una radura, da cui si aprono suggestivi scorci panoramici.
La discesa ai laghetti di Percile
Di fronte si erge imponente la Cimata di Percile.
Sul lato orientale la vista spazia sulle cime innevate del monte Velino e del Gran Sasso d’Italia.
Rinfrancate le membra con tanta bellezza, indossiamo le protezioni per affrontare la prima discesa di giornata, che dalla Cimata delle Serre conduce alla Capanne Canalicchie situate sulla carrareccia che condice ai Lagustelli di Percile.
Atterrati sulla carrareccia, la percorriamo per un breve tratto ma al primo bivio svoltiamo a sinistra riguadagnando quota, per giungere al Lago Fraturno come piace a noi, percorrendo un bellissimo simgle-track in discesa, che non manca di qualche passaggetto tecnico abbastanza inidioso, tra cui il ripido che segna l’uscita dalle rovine Morella (Castel del Lago).
A dispetto della sua antica origine vulcanica, il Lago Fraturno oggi si presenta come un sereno specchio d’acqua incastonato tra le colline, dove la bellezza naturale si riflette sulla sua tranquilla superficie cristallina.
Lasciandoci il Lago Fraturno alle spalle, lungo la carrareccia sassosa che ci porta all’imbocco della rampa in salita già percorsa in precedenza, frugando con gli occhi tra la vegetazione sulla destra, scorgiamo le acque del Lago Marraone, appena visibili tra i rami e le foglie.
Ripercorriamo quindi il trail che conduce ai Lagustelli ma, questa volta, non arriviamo ai laghi, poco dopo il ripido in uscita dalle rovine, svoltiamo a sinistra per percorrere il sentiero Coleman (305 CAI) che conduce a Cineto Romano.
Il sentiero Coleman verso Cineto
Procedendo in mezzacosta, il single-track si addentra nella vegetazione con una discreta pendenza, offrendo un’esperienza varia e coinvolgente. Si alternano tratti più aperti, dove è possibile allentare i freni e raggiungere una buona velocità, a sezioni più chiuse, dove la vegetazione fitta prende il sopravvento, frenando la corsa con secche frustate.
Più avanti, curve strette e passaggi tecnici costringono a rimanere concentrati, mentre le radici degli alberi e le rocce sporgenti esigono abilità e attenzione.
Ogni tratto del sentiero riserva una nuova sfida, ma anche nuove meraviglie da scoprire.
Dopo un paio di chilometri di discesa ininterrotta, si giunge al Fosso delle Forche, dove iniziano una serie di sali e scendi con il guado di diversi torrenti. Qui, la presenza dell’acqua che si incanala nella valle crea un ambiente naturale davvero suggestivo. La natura lussureggiante si manifesta in tutto il suo splendore, con il placido mormorio delle cascatelle d’acqua che scendono dalle rocce. Le orchidee spontanee spuntano qua e là, aggiungendo tocchi di colore vibrante al verde intenso della vegetazione. È un luogo dove la bellezza selvaggia della natura avvolge ogni senso, elevando lo spirito e rinvigorendo la mente.
Usciti dall’impluvio naturale, si prosegue in discesa verso Cineto Romano. La natura selvaggia lascia gradualmente spazio ai campi coltivati, segno del ritorno alla civiltà. Senza neanche un colpo di pedale, raggiungiamo la piazza centrale del paese. Cineto, un borgo medievale dove il tempo sembra essersi fermato, ci accoglie con la sua atmosfera sonnacchiosa. L’Hosteria-Spaghetteria Da Vito si rivela il luogo ideale per rifocillarsi, offrendoci una pausa rigenerante e un piacevole momento di convivialità.
NB: L’esaurimento della batteria della cam limita le riprese al tratto precedente ai guadi
Sulla via del ritorno
Riprendiamo il cammino dirigendo verso Riofreddo. In lontananza, Cineto appare come un incantevole borgo arroccato su una collina, con il maestoso Castello Orsini che domina il paesaggio. Le case in pietra sono disposte armoniosamente, formando un affascinante mosaico di antiche mura. L’imponente e malandato castello si erge sul promontorio, conferendo al paese un’atmosfera d’altri tempi, dove storia e natura si fondono perfettamente.
Dopo un breve tratto su asfalto, prendiamo un magnifico single-track che si inerpica tra imponenti alberature costeggiando il torrente Rioscuro, offrendoci scorci mozzafiato sulle fragorose cascate sottostanti.
Il percorso è piuttosto impegnativo: in meno di sei chilometri si affronta un dislivello di oltre cinquecento metri su un sentiero caratterizzato da tratti molto ripidi e numerosi passaggi tecnici su gradoni di roccia in salita. In tutta franchezza, con una e-bike il divertimento è assicurato, con una bicicletta muscolare è necessario un buon allenamento, altrimenti si rischia di dover procedere a spinta.
Variando il percorso standard con alcuni passaggi improvvisati nei tratti ormai chiusi, raggiungiamo la vetta della maestosa Cimata di Percile, stemperando la fatica della salita con qualche divertente passaggio su roccia esposta.
La fatica più dura è finita. Ora procediamo scendendo lungo il fianco del monte in freeride. Solcando il fitto manto erboso, alimentato dalle copiose piogge degli ultimi mesi, sembra di accarezzare il velluto. Tuttavia, presto scopriamo il rovescio della medaglia climatico.
Scendendo più a valle ed entrando nel bosco, incontriamo punti di incanalamento dell’acqua piovana dove si sono formati pantani. Il loro attraversamento non è affatto piacevole. La situazione peggiora ulteriormente quando un albero caduto ostruisce un tunnel, rendendo impossibile aggirare l’ostacolo. In quel momento, la sfortuna raggiunge il massimo livello.
Con i piedi nella melma, siamo costretti a spezzare dei rami per creare un varco sufficiente al passaggio della bici. Questo spiacevole imprevisto ci fa perdere un bel po’ di tempo, ma, in fondo, che avventura sarebbe senza imprevisti?
Dopo un altro po’ di ravanamento tra le fratte, finalmente intercettiamo una carrareccia. È stata una bella esperienza, ma per oggi l’avventura può bastare. In lontananza, vediamo Orvinio e tiriamo un sospiro di sollievo.
Rientrando in paese, il castello di Orvio con le sue torri merlate e le mura di pietra grigia cattura immediatamente la nostra attenzione. Costruito nel XII secolo, questo imponente edificio ha una lunga e affascinante storia di battaglie, intrighi politici, assedi ed eroiche difese, in cui il mito si intreccia con la leggenda.
Una delle storie più singolari riguarda l’antico nome del paese, “Canemortem” (cane morto). Secondo una versione della leggenda, un cane, abbaiando di notte, avvertì gli abitanti dell’imminente incursione degli assedianti, salvando il villaggio, ma fu ucciso dai nemici per il suo eroico gesto. Un’altra versione narra che durante un assedio, gli abitanti, a corto di cibo e risorse, ebbero l’idea di gettare dalle mura il cadavere di un cane per far credere agli assedianti di avere ancora abbondanza di provviste. Vedendo il cane morto, gli assedianti pensarono che i difensori fossero ben riforniti e, demoralizzati, decisero di ritirarsi, salvando così il castello e i suoi abitanti.
Un’altra leggenda, che riecheggia le atmosfere medievali, è quella della “Dama Bianca” di Orvio. Si racconta che Bianca, una giovane nobildonna innamorata di un cavaliere di umili origini, fosse osteggiata dalla sua famiglia. I due tentarono di fuggire dal castello attraverso un passaggio segreto, ma furono scoperti dai soldati del Conte. Il cavaliere fu ucciso e Bianca, disperata, si gettò dalle mura del castello. Da allora, si dice che il fantasma di Bianca, in un abito bianco, vaghi per il castello nelle notti di luna piena, emettendo lamenti strazianti. Il suo spirito, incapace di trovare pace, attende di essere riunito al suo amato.
La leggenda della Dama Bianca è diventata una parte indissolubile del folklore di Orvio, attirando visitatori curiosi e appassionati di storie di fantasmi, desiderosi di vivere un’esperienza suggestiva e immersiva nella storia e nei misteri del castello.
Tornando a casa in auto, le leggende di Orvio si intrecciano con le immagini dei paesaggi mozzafiato e le sensazioni dei sentieri percorsi in bici. Ogni tappa di questa avventura ci ha regalato momenti unici, dalle salite faticose alle discese emozionanti, dalle risate condivise alle difficoltà affrontate e risolte collaborando. Questa avventura in bici non è stata solo una sfida fisica, ma anche un viaggio nella storia e nella cultura dei luoghi attraversati. Abbiamo scoperto racconti antichi, vissuto momenti di pura adrenalina e goduto della bellezza della natura. In definitiva, il viaggio non è solo una questione di destinazione, ma soprattutto di scoperta e crescita personale.