Oggi si pedala nella Valle del Campanaro, tra Poggio Picenze e Barisciano, un angolo remoto e affascinante dell’Appennino, dove la natura regna incontrastata. Boschi di querce, cedri e pino nero si alternano a radure luminose e imponenti pareti rocciose, creando un paesaggio selvaggio e suggestivo. Qui, ogni sentiero sembra fatto apposta per lasciarsi andare, immergendosi in un’avventura di pura adrenalina tra discese flow e tratti tecnici che mettono alla prova abilità e resistenza.
Con la guida di Sascha, affronteremo due discese molto diverse. La prima è veloce e scorrevole, un sentiero naturale che si snoda tra spazi aperti e bosco, perfetto per lasciar correre la bici e sentire il flow del terreno. La seconda è più ruvida e tecnica, tra rock garden, radici esposte e sassi smossi che mettono alla prova equilibrio e controllo.
Non è solo discesa, è un viaggio dentro la montagna. Qui il downhill è libertà, sfida e adrenalina pura.
Partiamo da Poggio Picenze, un borgo arroccato tra le montagne, dove storia e natura si intrecciano in un equilibrio perfetto. Profondamente segnato dal terremoto del 2009, il paese ha saputo ricostruire la propria identità senza perdere il legame con le sue radici medievali, mantenendo vive tradizioni e architettura.
Proseguendo verso San Marino e Petogna, il passato riemerge con forza lungo il percorso. Antichi lavatoi e fontane, parte di un sofisticato sistema idraulico medievale, raccontano la vita di una comunità che ha saputo sfruttare le risorse del territorio con ingegno. Queste fontane, probabilmente utilizzate dai pellegrini diretti alla Selva di San Valentino, punteggiano i sentieri che percorriamo oggi, tracciati nei secoli e ancora vivi sotto le nostre ruote.

Fontana rinascimentale di Poggio Picenze in pietra locale (XV-XVI secolo)
La Chiesa di San Valentino, un tempo importante punto di sosta per i viandanti, faceva parte di un antico cammino di pellegrinaggio che conduceva al Santuario di San Gabriele dell’Addolorata, ai piedi del Gran Sasso d’Italia, la montagna sacra. Qui, natura e spiritualità si incontrano da sempre, rendendo il viaggio un’esperienza che va oltre il semplice pedalare.
In poco tempo raggiungiamo la piccola chiesa, nascosta nel cuore del bosco. Accanto sgorga la Fonte dell’Amore Eterno, custode di antiche credenze: si dice che le coppie che vi bevono insieme resteranno unite per sempre e che l’acqua possa rivelare in sogno il volto dell’amato a chi ancora lo cerca.
Ma la Selva di San Valentino non è solo un luogo di speranza. Quando il sole cala e le ombre si allungano tra gli alberi, si dice che tra i rami sussurrino le anime dei pellegrini smarriti, spiriti erranti che vagano in cerca di una strada mai trovata. Man mano che saliamo, il respiro si fa più pesante e il bosco sembra chiudersi intorno a noi. Ogni radice affiorante racconta un passo dimenticato, ogni soffio di vento porta un sussurro indistinto… Poi, all’improvviso, la sensazione netta di essere osservati. Sarà solo suggestione… o forse è davvero l’anima di qualche pellegrino errante? 😨👻
Meglio non indagare ! 😂😂😂

Chiesetta votiva di San Valentino (XIII secolo)
Fuori dal bosco, dove il falco pellegrino nidifica tra le pareti calcaree e il lupo appenninico si muove silenzioso tra la vegetazione, imbocchiamo una comoda carrareccia. Davanti a noi, il panorama si spalanca sulle vette innevate del Gran Sasso, imponenti e luminose sotto il cielo terso.

Da uno degli ultimi tornanti, Pescomaggiore emerge nitido sul crinale, con le sue case in pietra illuminate dalla luce limpida del mattino. Avvolto dal silenzio e dal verde dei boschi, il borgo si staglia netto contro l’orizzonte, mentre le colline si susseguono chiare in lontananza, accentuandone la sensazione di quiete.

Sulla sinistra, dall’alto, scorgiamo le case di paglia dell’Ecovillaggio EVA, nato dopo il terremoto del 2009 come risposta autonoma e sostenibile degli abitanti di Pescomaggiore. Realizzate con balle di paglia, queste costruzioni offrono isolamento termico e acustico, unendo ecologia e innovazione. Oltre a fornire un’alternativa abitativa immediata, il progetto è diventato un simbolo di resilienza e coesione sociale.

Raggiunto un vasto altopiano ondulato, la salita si fa più dolce. Alle nostre spalle, la vista si apre verso nord, dove le imponenti vette del Gran Sasso emergono nitide contro il cielo terso. Le cime innevate del Monte Prena e del Monte Camicia, con le loro pareti segnate dall’erosione, si ergono imponenti, mentre più a ovest domina il Corno Grande, maestoso e solitario all’orizzonte.

Ci fermiamo per una breve sosta poco oltre Colle Rotondo, affacciati sulla gola da cui prende il via la prima discesa, lungo il sentiero 15. Di fronte a noi, il Monte Ocre si erge imponente, come un guardiano silenzioso che veglia sul nostro percorso.
Mentre addentiamo uno snack per recuperare le energie, lasciamo che lo sguardo segua le curve del sentiero che presto affronteremo, immaginando già il ritmo e il flow della discesa. Dopo questa pausa rigenerante, deviamo per un breve tratto di andata e ritorno fino alla Croce di Poggio, un punto panoramico spettacolare da cui la vista si apre sconfinata su tutta la valle.

Dall’alto della Croce di Poggio, lo sguardo abbraccia l’intera Conca Aquilana, un vasto altopiano incastonato tra le montagne, delimitato a sud dalle vette del Monte Ocre (2.202 m), Monte Cagno (2.152 m) e Monte Cefalone (2.142 m). Più in lontananza, il profilo del Velino-Sirente si staglia all’orizzonte, mentre verso nord la vista si apre sulla città de L’Aquila, con il suo centro storico e le frazioni che si estendono fino alle pendici del Gran Sasso.

Qui, nella Valle del Campanaro, un gruppo di volontari ha ridato vita a un’antica rete di percorsi escursionistici, oggi noti come Sentieri delle Tre Pietre. Grazie a questo straordinario progetto, oltre 50 km di sentieri sono stati ripristinati, offrendo agli appassionati la possibilità di immergersi in boschi secolari, scoprire sorgenti nascoste e godere di panorami spettacolari. Uno degli aspetti più affascinanti di questo recupero è il ripristino della tecnica delle Tre Pietre, un antico metodo utilizzato per proteggere i sentieri dall’erosione: posizionando con cura tre pietre strategiche, si rallenta il deflusso dell’acqua e si garantisce la stabilità del terreno, permettendo a questi tracciati di resistere nel tempo.
Adesso tocca a noi: uno di questi sentieri ci aspetta, ma lo affronteremo in sella, pronti a lasciarci trasportare dal ritmo, dalla velocità e dal flow del tracciato.
Sentiero 15
La prima discesa sul sentiero 15 è pura adrenalina e velocità, ideale per chi ama lasciar correre la bici senza troppi pensieri.
Si parte con ampi tratti aerei, dossi naturali e compressioni perfette per chi vuole staccare entrambe le ruote da terra. I lunghi rettilinei permettono di mollare i freni e guadagnare velocità. La pendenza è generosa ma non eccessiva, permettendo di tenere un buon ritmo senza dover frenare troppo.

Poi il sentiero entra in un bosco di conifere, il terreno rimane compatto e scorrevole, offrendo un grip perfetto. Qui il trail si fa più movimentato, con una serie di piccole salite e discese, intervallate da curve sagomate, sponde naturali e compressioni che permettono di giocare con la bici, senza perdere troppa velocità. La traccia è intuitiva, il ritmo è alto e il flow è assicurato.
Con la prima discesa non perdiamo tutto il dislivello, e tornare in quota per la seconda discesa costa meno fatica, anche perchè si percorrono carrarecce abbastanza scorrevoli e mai troppo ripide.
Campanaro High by Coach
La seconda linea è decisamente più tecnica e impegnativa, e richiede maggiore precisione e controllo nella guida.
Si parte con un tratto veloce, ma ogni segmento è interrotto da gomiti decisi, che costringono a modulare bene la frenata e lavorare di tecnica. Il fondo è più insidioso, con passaggi tecnici su roccia esposta, scalini naturali e rock garden che mettono alla prova sia il setup della bici che le capacità del rider. Qui non si scherza: bisogna scegliere bene le linee, lavorare con le sospensioni e gestire il peso in maniera attenta per non perdere il controllo.

Dopo questo primo tratto, si entra nel bosco, ma gli ostacoli non si fanno meno impegnativi: radici affioranti, rocce esposte e piccole contropendenze obbligano a una guida precisa. La parte finale è un susseguirsi di tornanti stretti, che richiedono agilità e gestione del baricentro, ma il sentiero non è esposto e non c’è il rischio di errori fatali.
Una itinerario perfetto per chi cerca il mix tra velocità e tecnica, con passaggi che esigono concentrazione e una guida pulita.
Per maggiori dettagli invitiamo alla visione della video-sintesi che trovate qui sotto
Album fotografico in HD

Grande Enrico, sempre preciso nella descrizione e attento ai dettagli, ottimo lavoro 👏
Grazie Sabatino, sei gentile 🙏