Alcuni giri nascono dall’istinto, altri dallo studio. Questo è stato un mix di entrambi, con un tocco speciale: un’esplorazione social. Dopo una prima ricognizione nei boschi sopra Alatri, la condivisione di alcune foto su Facebook ha acceso la scintilla: un local mi ha rivelato l’esistenza di una seconda discesa, oltre a quella che avevo appena scoperto.
Unendo le due linee, è nato un giro di tutto rispetto: tecnico, esigente e incredibilmente appagante, immerso in un ambiente selvaggio e sorprendentemente bello. Un’avventura che dimostra come la passione e la condivisione possano trasformare una semplice uscita in una vera scoperta.
Parto da un ampio parcheggio accanto a un distributore e, dopo un breve tratto di asfalto, aggiro la cava per imboccare un piacevole sentiero lungo il Fiume Cosa, che mi accompagna con il suo scorrere discreto. Passo accanto al ponte romano, dove si notano alcuni lavori in corso e movimenti terra non ancora completati, ma senza particolari ostacoli al passaggio. Il torrente è un po’ in secca, segno di un periodo di magra, ma il percorso è scorrevole e godibile.

Dopo il guado del torrente, il percorso prosegue per un breve tratto su asfalto prima di iniziare la salita vera e propria. Le rampe cementate, abbastanza scorrevoli, permettono di guadagnare rapidamente quota, attraversando i caratteristici uliveti terrazzati.

Superati gli uliveti, il percorso si apre su un tratto più esposto, regalando un’ampia visuale sul versante settentrionale. All’orizzonte, maestoso, appare il Monte La Monna, che con la cima innevata domina il paesaggio.

Arrivati in quota, la vista si apre anche verso sud, dove lo sguardo abbraccia la valle di Alatri, incorniciata da dolci colline punteggiate dagli antichi borghi arroccati di Veroli, Ferentino e Anagni. Ognuno, con il suo patrimonio storico e le sue tradizioni, creano un perfetto equilibrio tra natura e storia.

Si continua a salire lungo una carrareccia che, a tratti, si rivela un po’ ostica a causa del breccione smosso. Fortunatamente, per lunghi tratti è possibile pedalare su una comoda pista ciclabile ricavata a margine, che rende l’ascesa decisamente più agevole.

I Caprioli trail
Dalla carrareccia, svolto a destra entrando nel bosco, dove l’imbocco del trail si presenta subito invitante. Tuttavia, la pacchia dura poco: prima di raggiungere la vera discesa, bisogna affrontare ancora qualche saliscendi impegnativo, su un sentiero sporco di ramaglie e grossi sassi, che rendono il passaggio un po’ difficoltoso.
Per fortuna, questa sezione non è troppo lunga e, presto, il sentiero si apre in tutta la sua bellezza: una sequenza interminabile di tratti veloci inanellati da curve a gomito, che rendono la guida dinamica e divertente. Alcuni passaggi su roccia aggiungono il giusto tocco di tecnica, ma il fondo nel complesso rimane scorrevole, garantendo una discesa fluida e appagante fino in fondo.

Per farvi un’idea più precisa del percorso e delle sue caratteristiche, date un’occhiata alla video sintesi posizionata qui sotto.
La risalita
Il sentiero sbuca su una strada secondaria, e si inizia subito a risalire tra gli uliveti, fino ad intersecare la carrareccia percorsa in precedenza. Fortunatamente, non tutto il dislivello è stato perso, quindi la salita è breve e il tratto ripetuto di carrareccia scorre veloce.
Da qui, la salita continua con un passaggio nel bosco, che riserva una piacevole sorpresa: le attività di raccolta legna, anziché essere svolte con ruspe e mezzi meccanici che spesso devastano i sentieri, sono state realizzate con muli e un’organizzazione attenta alla conservazione del territorio ed al rispetto dei sentieri. Un esempio virtuoso di gestione sostenibile del bosco, che dovrebbe essere preso a modello ovunque.

Raggiunta la cima, inizia la discesa nel bosco lungo un bellissimo single track, fluido e ben pulito, che invita a lasciar scorrere la bici. Purtroppo, però, anche questa sezione è breve, e presto il percorso alterna di nuovo tratti di carrareccia e sentiero, con continui saliscendi.

Qui il piacere della guida lascia spazio alla bellezza del paesaggio: distese sassose, panorami ampi e selvaggi, con animali al pascolo che aggiungono un tocco di vita a questa natura ostica e al tempo stesso gentile.

Un tratto in cui pedalare diventa un’esperienza di pura immersione nel territorio.

La Rustica
Giunti all’imbocco del sentiero, si può deviare brevemente per visitare la Croce dei Pozzi, un antico punto di abbeverata situato lungo le secolari vie pastorali, gli stessi sentieri che probabilmente mi accingo a perorrere in discesa. Qui, tra storia e natura, si apre un panorama mozzafiato sulle vallate circostanti, rendendo la visita un’esperienza suggestiva e indimenticabile.

In alternativa, si può imboccare direttamente il trail, che si mostra subito molto cattivo. Il fondo è cosparso di sassi di media pezzatura, che rendono la percorrenza tecnica e faticosa. Il ritmo viene interrotto dai continui impatti, e trovare la linea giusta tra le pietre diventa una sfida che mette alla prova sia la tecnica di guida che la resistenza fisica.

Dopo una prima sezione con tratti dritti e relativamente veloci, sempre che si riesca a far scorrere la bici su un mare di sassi, il trail cambia decisamente carattere. Inizia un tratto molto tecnico, con passaggi su roccia esposta piuttosto insidiosi e gomiti stretti su un fondo pietroso e smosso, che rendono la guida estremamente impegnativa. Qui il controllo della bici diventa una sfida continua, con il trail che non lascia mai tregua.
Nonostante non sia troppo lungo, si arriva al termine del sentiero esausti, con la sassaiola che accompagna ogni metro fino all’ultima curva, da cui finalmente si sbuca sulla strada.

Ma la vera sorpresa è arrivata proprio qui: ad attendermi alla fine del sentiero c’era un toro dall’aspetto minaccioso, fermo a protezione di un bue malato, che non riusciva ad alzarsi. L’animale, con un’espressione accigliata e decisa a non cedere il passo, mi ha fatto temere il peggio. Meglio non rischiare una carica! Così, per evitare qualsiasi confronto ravvicinato, ho preferito aggirare il gruppo, arrampicandomi sulle rocce più in alto e superando l’ostacolo con la massima cautela.
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