Un giro nel cuore degli Appennini, che per essere apprezzato appieno richiede buone capacità di guida tecnica in fuoristrada ed una discreta preparazione fisica. Tre discese strepitose su un percorso di quasi 40 Km, con 1200 metri di dislivello cumulato, nulla di impossibile quindi ma, come spesso accade in questi casi, i numeri non rendono bene l’idea della difficoltà di un itinerario veramente da Pro, caratterizzato da un fondo in prevalenza roccioso e numerosi passaggi tecnici che mettono a dura prova capacità di guida e resistenza fisica.
A farci da guida due locals d’eccezione, Riccardo Lucidi, che i sentieri ha contribuito costruirli, e Antonio Valentini, amico fidato e profondo conoscitore dei luoghi, in compagnia di Emanuele, un nuovo amico rivelatosi subito un biker temerario. Accorsi all’evento organizzato da BiciNatura, Claudio, Gianni, Dany ed Emanuele, i nuovi amici del gruppo MTB AllMountain, tutti puntuali al luogo d’incontro, il parcheggio del ristorante Casabianca, al km 43 della Turanese.
L’itinerario, frutto dell’esperienza di Riccardo, risulta subito ben congegnato, salite dure ma tutte pedalabili, in gran parte su strade secondarie poco trafficate e carrarecce, e discese da brivido, per una immersione totale in una natura verdissima e straripante.
Iniziamo pedalando su asfalto fino a Collalto Sabino, e si capisce subito che la toponomastica ha un fondamento di realtà, arrivarci a pedali non è impresa facile. Alle porte del paese la prima discesa, il Poeta trail, ma imboccato il sentiero si capisce subito che se di poesia si tratta, di certo non è dolce stil novo, somiglia più ad un opera di Bukowski, tragica e tormentata. La linea procede sinuosa con buona pendenza, ma il fondo è disseminato di sassi di media pezzatura e roccia fissa, da affrontare in velocità per galleggiare evitando impuntamenti, ma bisogna anche tenere un buon controllo per affrontare numerosi drop e frequenti cambi di direzione, curvando su gomiti anche abbastanza insidiosi.
La corsa termina di fronte a La Locanda del Poeta, da qui il nome del sentiero, un breve tratto di asfalto, poi si svolta a destra per raggiungere Callalto Sabino, percorrendo una carrareccia abbastanza sconnessa che si inerpica tra le colline completamente immersa nella vegetazione lussureggiante.
Il paese arroccato compare come un miraggio, e dopo tanta salita un caffé è il minimo che si possa desiderare, poi una breve sosta al fontanile, per rinfrescar le membra e rifornirci d’acqua, e siamo pronti per una nuova discesa. In questo caso il nome non lascia spazio a dubbi, siamo sul Muro del Pianto trail, attacco niente male, dieci metri in contropendenza, poi si va giù dritti, scavalcando fossi e massi affioranti. Superato il primo pezzo più flow, ci si immerge nella vegetazione lussureggiante, seguendo un sentiero che ricalca una linea di incanalamento dell’acqua e per questo il fondo è disseminato dai sassi depositati dall’erosione. Complici le abbondanti piogge di questi giorni, la vegetazione è al culmine della fase vegetativa, non facendo mancare energiche frustate di profumatissime ginestre in fiore.
Un ponticello in legno segna la fine della seconda discesa, bella, impegnativa ed elettrizzante, una breve sosta, poi inizia l’ultima salita in direzione Collegiove. Ci aspettano oltre 7 km di dura salita, ma su asfalto la ruota scorre e procediamo spediti fino in paese, poi proseguiamo oltre fino alla piazzetta panoramica, da cui inizia l’ultima discesa, il Malepasso. Dalla piazzetta, la sella del Malepasso, la vista è magnifica, la valle con due magnifici borghi incastonati nei boschi, Ricetto e Nespolo, e sullo sfondo le montagne innevate, il Corno Grande del Gran Sasso ed il Terminillo, godere di tanta bellezza già ripaga la fatica e la discesa che ci attende la possiamo considerare in omaggio.
Il Malepasso trail inizia percorrendo l’omonima mulattiera che dalle pendici del Monte Cervia scende verso il fiume Turano, e anche in questo caso il nome rende bene l’idea dei luoghi. Il sentiero si mostra subito ostile, avanza sulla roccia brulla con improvvisi cambi di direzione su gradoni scoscesi, poi si addentra nella vegetazione procedendo su roccia smossa, da surfare a velocità sostenuta, cercando di schivare i numerosi roccioni rotolati giù dalla montagna.
A metà percorso si abbandona la mulattiera per imboccare un trail realizzato dai ragazzi del posto. Si va giù su pendenze veramente proibitive, ma il fondo più terroso offre un maggior grip, migliorando la direzionalità del mezzo. Si viaggia veloci solcando i prati, poi drop, ripidi a capofitto e lunghi tratti in contropendenza nel bosco, non manca niente, si arriva a valle appagati ed anche sfiniti, ma non basta ancora, per tornare alla base bisogna percorrere altri dieci chilometri di asfalto.
Insomma, un itinerario molto impegnativo, che facendolo la prima volta non si riesce a godere appieno, bisogna tornarci per affinare le linee, provare le rampe e trovare il modo giusto per superare diversi passaggi tecnici su roccia con manovre trialistiche. Non c’è dubbio però, riuscire a muoversi su questi trail con fluidità e naturalezza è una sfida che merita sicuramente di essere colta, una sorta di master specialistico in un corso di guida avanzata.