Itinerario abbastanza impegnativo con partenza da Monterotondo ed attraversamento della Riserva Naturale dei Monti Lucretili, scavalcando il Pellecchia per raggiungere Orvinio, alla scoperta dei ruderi di uno dei più antichi complessi abbaziali edificati in Italia, Santa Maria del Piano, databile tra l’XI ed il XII secolo d.C, abbandonata all’incuria ed ai saccheggi per anni e attualmente in fase di restauro.
Non si tratta di una impresa semplice, gli oltre 100 km di lunghezza e 2.300 metri di dislivello cumulato richiedono un certo impegno fisico, ed alcuni passaggi particolarmente impegnativi rendono necessaria una buona capacità di guida tecnica in fuoristrada.
La bellezza dei luoghi, gli splendidi boschi e gli impareggiabili scorci panoramici, tuttavia, ripagano ampiamente lo sforzo, regalando immagini e suggestioni destinate a rimanere a lungo impresse nella memoria.
I primi 15 km, da Monterotondo a Stazzano, restituiscono un gustoso spaccato della campagna Sabina. Ulivi dai rami curvi, vigneti prossimi al raccolto che liberano nell’aria l’odore inebriante del mosto, frutteti che si spogliano per l’inverno, in un continuo saliscendi fino ai piedi dei monti.
Stazzano, la “stazione“, è l’ultima roccaforte prima della lunga salita. Riempita la borraccia di acqua freschissima all’ottimo fontanile, si parte per Monteflavio sulla dura carrareccia un po’ disassata, poco meno di dieci chilometri, ma belli tosti, per un guadagno in quota di oltre 500 metri. Si suda e si beve, arrivando su con la borraccia vuota, un nuovo rifornimento, e da Monteflavio si prosegue in salita sul sentiero 317A fino a Passo La Croce e da qui, svoltando a destra, si attraversa la pineta monumentale, proseguendo oltre sul sentiero 317 per un passaggio in cresta sulle Serre di Ricci, a circa 1000 metri di altitudine.
E’ un posto incantevole, si aprono magnifici scorci panoramici e lo sguardo spazia in tutte le direzioni, la valle del Tevere, con il Soratte avvolto dalle nubi, il Gennaro e la mitica Torretta a Nord e dall’altro lato il Pellecchia. Proseguendo sul sentiero 317, all’altezza del Colle della Caparnassa, si curva a sinistra, giungendo al Rifugio del Pastore. Da qui comincia la scalata vera e propria, con bici a spinta attraverso la faggeta, su uno stretto sentiero tra sassi e roccia, il 312, fino a cima Pellecchia, che con i suoi 1.368 metri di altitudine, rappresenta la vetta più alta del gruppo dei Lucretili.
Il monte Pellecchia
Dopo una breve sosta, proseguo in discesa sul versante occidentale, verso Orvinio. Il trail è sinuoso, flow nel primo tratto, poi diventa un po’ più pietroso, e giocando qualche jolly, in breve siamo alla base del monte. Procedo su carrareccia fino ad incontrare un cancello chiuso, bisogna scavalcare, non mi posso fermare qui, tiro su la bici e la passo dall’altra parte, procedo a spinta, c’è un cane che mi guarda, lo guardo, lasciami andare, non cerco rogna, non si muove, resta a guardarmi, forse è alla catena, dall’altra parte il cancello è aperto, esco, porca miseria che strizza.
Sempre in discesa arrivo ad Orvinio, nell’antichità “Canemortum” (Canemorto), da una leggenda locale che narra di un eroico cane che durante un assedio notturno al castello di Orvinio, svegliò gli abitanti con i suoi abbai, allertandoli dell’attacco imminente, fino a che non fu ucciso dai nemici. Attraversando gli stretti vicoli acciottolati e le antiche costruzioni in pietra dall’atmosfera del medievale, vado alla ricerca della carrareccia che mi conduca all’agognata meta. Ho tracciato su Google Earth, quindi il GPS non dà indicazioni precise, ma, dopo qualche tentativo, sento che è la via giusta, e finalmente eccola di fronte a me.
Immagini di Orvinio
Non vi nascondo la gioia che ho provato quando giunto sul posto ho trovato l’area recintata, con apposto un cartello di lavori in corso. Dopo secoli di incuria ed abbandono, finalmente sono iniziati i lavori di restauro. Ci sarà tanto da lavorare ma di sicuro scavando tra la polvere e le macerie sarà possibile ricomporre un pezzo di storia di grande interesse e suggestione.
Santa Maria del Piano
E’ un’antica abbazia benedettina risalente al IX secolo, anche se le sue origini sono avvolte nel mito. Secondo una leggenda popolare, fu fondata da Carlo Magno come ringraziamento per una vittoria contro i Saraceni (LazioNascosto) (Angoli fuori dal tempo) (Visit Valdańiene).
Storicamente, la chiesa era importante e gestita dai monaci benedettini fino al declino nel Medioevo. Durante il XIX secolo, l’abbazia subì gravi danni, e nel 1855, a causa di un’epidemia di colera, fu trasformata in cimitero, il che accelerò il suo deterioramento (LazioNascosto).
Foto storiche del complesso abbaziale
L’aura di malattia e morte che da allora si impossessò di quel luogo, favorì un lungo periodo di abbandono, e a nulla valsero gli auspici del Prof. Fiocca, per l’acquisizione da parte del Ministero dell’Istruzione e l’avvio di un efficace programma di recupero e tutela del complesso monumentale. Il tempo e le avversità climatiche hanno continuato nella loro opera disgregatrice, mentre saltuarie incursioni predatorie hanno sottratto pregevoli elementi architettonici, tra cui il prezioso rosone della facciata principale.