domenica, Aprile 13, 2025

Da due settimane piove ogni sabato. E anche stavolta le previsioni annunciavano maltempo. Ma la voglia di uscire in bici era troppa, così ho deciso di sfidare la sorte, restando però nei dintorni per non rischiare troppo.

Ho pensato a Fiano Romano, dove ero già stato una volta partendo in bici da casa: una tirata lunga, troppo asfalto e poco godimento. Alcuni amici del posto, saputo del mio passaggio, mi avevano detto che avevo mancato il meglio. Così li ho contattati per farmi consigliare un anello interessante da fare direttamente in zona.

In poche ore avevo una traccia pronta e la bici caricata in macchina. Il meteo restava incerto, ma ormai ero deciso a giocarmela: avrei sfidato la sorte, anche a costo di qualche goccia, tanto il percorso suggerito era un giro breve ma ben strutturato, ideale per una finestra di bel tempo instabile. Si chiude comodamente in un paio d’ore, ma riesce comunque a offrire un mix sorprendente di paesaggio, tecnica e divertimento.

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Parto dal parcheggio appena fuori dal centro storico di Fiano Romano. Prima di avviarmi verso il bosco decido di attraversare il borgo, che vale sempre qualche minuto. Raggionto l’imponente Palazzo Orsini, costruito nel Quattrocento dalla famiglia che per secoli dominò il territorio, raro esempio di residenza fortificata ancora ben conservata.

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Passando sotto l’arco della Porta Capena, una delle antiche entrate del paese, faccio una breve capatina verso la piazza centrale, dominata dalla Chiesa di Santo Stefano Protomartire, con la sua facciata sobria ma elegante (una variante alla traccia base).

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Il bosco di Macchia Grande

Dopo la breve deviazione urbana, esco dal paese pedalando verso sud, su asfalto, lungo una strada secondaria che si allontana dolcemente dal centro abitato. La meta è il Bosco di Fiano Romano, conosciuto anche come Bosco Macchia Grande, una riserva naturale regionale che si estende su un’ampia superficie collinare tra querce, cerri e macchia mediterranea, abitata da volpi, istrici e numerose specie di uccelli.

Mi addentro nel bosco da uno degli ingressi laterali, percorrendo un tratto misto tra sterrato e sentiero, per un attraversamento breve ma suggestivo. Riemergo su asfalto nei pressi del campeggio, ma lo lascio quasi subito: poco dopo, imbocco un sentiero che corre parallelo sulla destra della strada, abbastanza battuto ma poco frequentato. Dopo alcune centinaia di metri, il tracciato svolta bruscamente a destra e si addentra nel bosco.

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Qui inizia la prima vera salita: non è lunga, ma è movimentata e divertente. Qualche passaggio più ripido su roccia richiede attenzione, ma con l’ebike ci si diverte parecchio: si gioca di equilibrio, si sfrutta la spinta e si assapora quel misto di tecnica e libertà che rende il bosco perfetto per pedalare.

Giunti in cima, inizia la prima discesa. Si comincia subito con una rampetta, poi il sentiero si snoda sinuoso tra alberature fitte, seguendo dolcemente il profilo del bosco. È una discesa veloce e scorrevole, il fondo compatto permette di lasciar correre la bici, senza troppi pensieri. Solo qualche breve tratto più ripido e alcuni passaggi su roccia affiorante aggiungono un po’ di pepe, ma nulla di troppo tecnico: nel complesso, è una discesa accessibile e godibile, il tipo di trail che ti fa sorridere sotto il casco. L’umidità del terreno — residuo delle piogge dei giorni precedenti — la rende ancora più viva, senza però compromettere il grip.

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La pacchia però finisce presto: poco più di 100 metri di dislivello negativo volano via troppo in fretta, anche se allungati da qualche rilancio. Giunto nuovamente all’imbocco del bosco, il percorso inverte direzione e si risale verso nord.

La salita, a tratti continua e ben pedalabile, alterna passaggi più regolari ad altri decisamente più vivaci, con lunghi tratti su roccia che la rendono tutt’altro che monotona. È una fatica piacevole, tecnica quanto basta per non annoiare, con qualche punto in cui l’aderenza va cercata con attenzione.
Dopo l’ultimo strappo si sbuca su una radura in quota, dove la vista si apre per un attimo.

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Da qui comincia la discesa sul versante settentrionale: un lungo tratto in cui, dal punto di vista ciclistico, c’è ben poco da dire. Fondo liscio, pendenza moderata, nessuna particolare difficoltà né divertimento. Vale la pena solo per il paesaggio, che compensa in parte la mancanza di stimoli tecnici. Una parentesi tranquilla prima della prossima sezione del giro.

Il bosco di Civitella

Dopo un breve trasferimento su asfalto, arrivo nel Bosco di Civitella, conosciuto anche come Bosco della Cerqueta, tra i territori di Civitella San Paolo e Sant’Oreste. L’ambiente è più selvaggio rispetto al bosco di Fiano, ma ben tenuto e frequentato da ciclisti: querce, carpini e sentieri tracciati con cura su un terreno modellato dal carsismo.

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Qui comincia la parte più divertente del giro. Un varco tra l’erba bagnata mi introduce ad una salita bellissima, su trail ben sagomati e mai troppo ripidi. Con l’ebike si pedala tutto senza difficoltà. In tutto il divertentissimo vai e vieni solo un albero caduto costringe a scendere di sella, ma credo che verrà presto rimosso perché il sentiero è chiaramente curato e frequentato.

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Percorrendo tutto a vista, sono sicuro di essermi perso alcune deviazioni e salti progettati con fantasia dai trail builder locali, ma già i giochetti che sono riuscito a intuire al volo mi hanno divertito parecchio. Il bosco è articolato e sinuoso, con tre discese brevi ma intense, caratterizzate da ripidi, passaggi tecnici e qualche salto naturale o su rampa. In più, in questa stagione, la primavera regala un colpo d’occhio spettacolare: il sottobosco è punteggiato dalle fioriture dei ciclamini selvatici, che aggiungono colore e magia al tracciato.

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La sezione più divertente è senz’altro quella allestita come una vera e propria giostra, dove il tracciato serpeggia da una sponda all’altra di un profondo canalone, in un susseguirsi di rilanci e compressioni che invitano a giocare con la velocità. Dura davvero poco, ma il ritmo è continuo e coinvolgente, e il disegno del sentiero sfrutta al meglio la conformazione naturale del terreno, con qualche rampa ed altre strutture modellate che però, passando per la prima volta, non sono riuscito a interpretarle al volo.

giostra

Solo un punto mi ha davvero messo in difficoltà: l’ingresso di un canalone tra due rocce, con una curva stretta a sinistra con subito dietro un vertical su roccia di oltre un metro. Con il fondo fangoso e la pietra viscida, ho preferito rinunciare, un motivo in più per tornarci e, la prossima volta, chiudere quel passaggio in maniera dignitosa.

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Fiano Romano
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