L’itinerario conduce alla circumnavigazione di Alatri percorrendo le alture limitrofe. È stato ideato principalmente per testare la nuova e-bike in salita, quindi, è un giro abbastanza impegnativo, con lunghe salite in forte pendenza su fondo smosso e sassoso, che regala però magnifici scorci panoramici su Alatri e la piana di Tecchiena, con sullo sfondo le cime più imponenti dei monti Ernici.
Pargheggiata l’auto in un grumo di case a debita distanza da Alatri, percorrendo una strada poco trafficata mi dirigo verso il piccolo borgo di Monte San Marino, dove inizia la salita più dura per l’ascesa a Monte Lungo.
La strada conduce ad una sbarra di ferro, ma non abbiate timore, la catena avvolta al terminale non è bloccata con un lucchetto, si può tranquillamente aprire, è un’area pubblica, e superata la sbarra inizia l’avventura.
Lasciando l’asfalto alla sbarra, proseguo in salita su una carrareccia un po’ sassosa, immergendomi in una profumatissima pineta.
Le aperture tra gli alberi di tanto in tanto regalano suggestivi scorci sulla valle, tra cui spicca il borgo medievale di Fumone, che grazie alla sua posizione strategica, nel corso dei secoli ha rappresentato un punto chiave per il controllo del territorio circostante, segnalando con dense colonne di fumo l’avvicinarsi di eserciti nemici.
Vagando col pensiero nella quiete del bosco, il rumore sordo di zoccoli tra i sassi cattura l’attenzione, e volgendo lo sguardo nel fitto delle alberature, appare il manto lucente di magnifici cavalli al pascolo brado che mi osservano già da un pezzo.
Proseguendo in salita costeggio un’area disseminata di antiche rovine, di cui non ho trovato notizie dettagliate, poi giungo al punto più alto, dove è situata una torretta medioevale di cui è rimasto in piedi solo il basamento.
È un punto panoramico davvero suggestivo.
Da qui mi cimento in una lunga discesa su sentieri e carrarecce dal fondo smosso e sassoso, fino a giungere ad un cancello di ferro spinato, anche qui, nulla di grave, sono fatti apposta per essere aperti senza chiave, basta sganciare l’occhiello posizionato su uno dei lati, e poi rimetterlo esattamente com’era dopo essere passati.
Guadagno nuovamente quota in un paesaggio completamente diverso, la rigogliosa pineta ha lasciato il posto ad ulivi sofferenti, in un ambiente brullo e inospitale.
Scollinando sul versante meridionale la vitalità degli uliveti migliora notevolmente. Scendo a valle verso Alatri zizagando lungo la linea degli antichi terrazzamenti, costruiti con fatica per strappare la terra alla montagna. Con un po’ di esperienza in materia, è facile immaginare quanto sia faticoso coltivare e cogliere il frutto da questi uliveti, però l’olio che si ricava ha caratteristiche uniche, con note fruttate e un sapore leggermente piccante ed amarognolo, particolarmente apprezzato dagli intenditori, ma che è difficile da trovare sugli scaffali della grande distribuzione.
Giunto a valle, proseguo su un sentiero che costeggia il fiume Cosa, e confesso che mi ha fatto impressione vederlo in secca al termine dell’inverno, una fase dell’anno in cui dovrebbe essere in piena.
Una doverosa sosta al ponte romano, poi proseguo, per tornare in quota sull’altro versante della valle.
Dopo un breve tratto di asfalto, imbocco una carrareccia smossa e sassosa con pendenze a tratti veramente proibitive, ma arrivato in quota, lo sguardo spazia su paesaggi devvero suggestivi. La vista di Alatri d’allalto, con la città antica cinta dalle mura ciclopiche, la piana di Tacchena con sullo sfondo i monti Lepini e gli Ausoni, e nel mezzo il monte Lungo da cui sono appena sceso.
Sono luoghi di incantevole bellezza, vasti territori di natura selvaggia, punteggiati da tenaci segni di una vita contadina ancestrale, testimoni silenziosi di un passato che resiste nel tempo.
Ed ecco un caso di scuola, in situazioni come queste, mai passare tra la mamma e il vitellino, sebbene il bue sia un animale pacifico, per proteggere il piccolo potrebbe caricare. Conviene convincerlo a spostarsi, come ho fatto io, e poi passare senza movimenti bruschi, tenendo la debita distanza.
Poi ancora pineta …
… boschi ostili …
… e spazi aperti …
c’è di tutto ! …
… anche una severa chiesetta di montagna, la chiesa di San Giacomo, situata in prossimità della vetta del monte omonimo, da cui si gode di una vista a tuttotondo.
Dopo una breve sosta contemplativa, il vento tagliente mi induce a procedere oltre, affrontando un sentiero davvero ostile, inciso sulla sommità rocciosa del monte.
Scendendo un po’ arrivo alla croce del monte San Giacomo, dove la vista è davvero strepitosa, la valle di Veroli con all’orizzonte il Monte Serra Alta ed in lontananza i prinìmi giganti sopra i 2000, Monte Meta, Monte Greco e Monte Marsicano.
Dopo una doverosa sosta, per rinfrancare il corpo e lo spirito con i mitici fichi secchi della mamma, proseguo in discesa, affrontando una sequenza di tornanti ripidi e pietrosi, poi, dopo un breve tratto d’asfalto, mi cimento di nuovo in un lungo zig-zag tra i terrazzamenti, fino a sbucare di fronte ad un supermercato, che segna il definitivo rientro nella civilltà dei consumi.