Itinerario all-mountain non particolarmente impegnativo a livello tecnico ma decisamente appagante per la bellezza dei luoghi e dei panorami. Assolutamente da non perdere per gli amanti della montagna vera, per godere del meglio che il gruppo del Terminillo può offrire, con il valore aggiunto dei magnifici passaggi in cresta e del senso di libertà che si prova viaggiando sulla linea sottile che divide il cielo dalla terra.
Lasciata un’auto a Leonessa, piccolo paesino posto sul versante settentrionale del Monte Terminillo
con le altre ci siamo diretti verso il rifugio Sebastiani ma arrivati sotto lo Jaccio Crudele veniamo accolti dal gelido abbraccio del generale inverno, che da queste parti non ha ancora levato le tende.
Ma non tutti i mali vengono per nuocere, parcheggiate le auto all’imbocco del sentiero che sale a Sella Iacci, possiamo subito ammirare lo spettacolo del Terminillo visto dalla parte più bella, ditemi voi se non sembra un paesaggio alpino questo.
Inforcate le bici procediamo su asfalto fino al Rifugio Sebastiani, durante la salita incontriamo il chirurgo Vence che appena uscito dalla sala operatoria deve ancora togliersi la mascherina… ahahah
La giornata è stupenda e non tira un filo di vento, ideale per l’alta montagna e soprattutto per le creste, intanto noi pedalando in scioltezza ci rifacciamo gli occhi con la vista delle Scangive.
Passata Sella di Leonessa e prima di ridiscendere al Rifugio Sebastiani allo scollinamento prendiamo il 405 per la sella di Pratorecchia
dove, una volta arrivati, la vista diventa a 360° col Terminillo, Terminilletto e Terminilluccio da una parte
ed Elefante, Brecciaro e Ritornello dall’altra
e, dulcis ma non in fundo, la Cima di Pratorecchia.
Breve discesa per andare ad incrociare il 440 seguendo il sentiero
ma ci sono anche gli indisciplinati che non sanno resistere al gusto del freeride
e qui la prima chicca di giornata: il single track che passa sotto lo Jaccio Crudele e arriva a Sella Iacci, è uno di quei sentieri da fare assolutamente almeno una volta nella vita, stupendo veramente
lo taglia a mezza costa come una lama nel burro…
bellissimo, poi il contrasto tra la roccia sopra le nostre teste
e il verde quasi accecante della Valle Scura dall’altra parte.
Il tratto è vallonato e in alcuni punti richiede un po’ di equilibro, data l’esigua larghezza, qui Enrico con l’Elefante sulle spalle ce la farà a non scender di sella ? ahahah
Piccolo tratto di spingismo
e siamo a Sella Iacci, dove incontriamo lo stradone che proviene dal luogo in cui abbiamo parcheggiato le auto, non potevamo salire da qui ? Assolutamente no questo single track da solo vale un terzo del giro.
Da Sella Iacci risaliamo sulla carrareccia del 428, che passando davanti alla palestra di roccia Enzo Diletti, ci porta verso la falesia del Buco del Merlo
da dove si scorge la prima vetta di giornata, il Monte I Porcini che dovremo raggiungere con un po’ di sano spingismo.
Ma pensa te, tutta questa fatica e poi c’era anche la strada per salire, visto che sono saliti anche in moto, a saperlo venivamo su in auto! ahahah
Da I Porcini non c’è sentiero che scende giù ma di fronte ad una cresta del genere non sappiamo resistere e ci buttiamo a capofitto, scendere per creste è forse l’aspetto più bello che induce a salire in cima ad una montagna in mountain bike
Letteralmente planando sopra il 440 lo seguiamo fino a Colle delle Pozze
da dove bisogna armarsi di pazienza e calma perché la scalata finale al Monte di Cambio non è uno scherzo, sono 150 mt di dislivello verticale e per giunta dritto per dritto, meglio non guardare su, procedendo a testa bassa, sennò si viene presi dallo sconforto, ma alla fine il gusto di arrivare sopra i 2000 mt cancella ogni fatica, vetta conquistata!
e il premio è questo
ed anche questo, la cresta superlativa che scende alla Sella di Cambio…
anche se l’ultimo pezzo risulta particolarmente ostico per il fondo molto smosso e ripido e per scendere restando in sella è meglio immaginare di avere gli sci ai piedi più che di guidare una bike.
Atterrati dal Cambio al Prato delle Fontanelle
ci aspetta una lunghissima cavalcata, prima sulla cresta di Costa d’Acera tramite il sentiero 404
poi, dopo un durissimo spingismo di 100 mt di dislivello,
si vola sulla cresta di Prato Pecoraro
Da qui abbiamo la malaugurata idea di proseguire dritti seguendo la cresta, invece di scendere a sinistra al Laghetto della Croce (o della Guardia) e il risultato è mezz’ora di smacchio prima di ritrovare la retta via, ovvero lo stradone che sale a Monte La Croce o Colle Collato, tenetene conto se scaricate la traccia.
Le fatiche sono finite, ora ci aspetta la chicca finale, ovvero il sentiero 404 che da Monte la Croce scende a Leonessa. Per gli abitanti di Leonessa è un itinerario storico con valenza religiosa fortissima, è infatti sulla cima di questa montagna che sovrasta Leonessa che San Giuseppe da Leonessa nel 1608 piantò una croce di legno.
In quel luogo, nel 1737, i devoti eressero una piccola chiesa con annesso un angusto ospizio per i pellegrini, più volte ampliato.
L’impervia mulattiera che conduce alla cima è costellata di sette edicole (1846), una delle quali eretta nei pressi dello “Scoglio di San Giuseppe”, la roccia da dove il Santo fece sgorgare una sorgente d’acqua per dissetare il suo compagno Fra Gregorio.
Tuttora la prima domenica di luglio nel piccolo santuario si svolge una festa in onore del Santo.
E allora non ci resta che inforcare le bici e buttarci giù col Santo e il Monte Tilia a fare buona guardia…
Dopo una prima parte con passaggi molto tecnici, questo sentiero di fede e di tornanti (per i profani è il sentiero dei 30 tornanti), diventa un superflow dove poter mollare i freni per derapare da un tornante all’altro, un vero spasso…