Tra i più avvincenti itinerari nel Parco Monti Lucretili. Partendo da Marcellina si guadagna quota sulle rampe per Prato Favale, poi un passaggio nella faggeta monumentale percorrendo il sentiero dei Partigiani per giungere ai Pratoni del Gennaro e pedalare tra gli animali al pascolo brado. L’anello si chiude scendendo dalla Scarpellata, l’antica via della transumanza realizzata a scalpello dagli abitanti di Marcellina, una mulattiera in forte pendenza con attacco su roccia esposta che si trasforma in un serpentone infinito con sponde naturali e fondo smosso.
Specifiche
Tipologia | All Mountain |
Difficoltà Fisica | Media |
Difficoltà Tecnica | Alta |
Protezioni | Consigliate |
Fonti d’acqua | Presenti a Marcellina (nessuna lungo il percorso) |
Lunghezza | 18,9 Km |
Ascesa totale | 800 mt |
Durata Giro | 4 ore |
Dove Mangiare | |
A Marcellina ci sono diverse strutture dove potersi rifocillare |
Un itinerario All-Mountain che conduce all’esplorazione di ambienti naturali di grande bellezza, conciliando suggestioni storico-culturali e piacere di guida tecnica ai massimi livelli.
Dal parcheggio antistante il cimitero di Marcellina pedaliamo su asfalto verso il centro storico, proseguendo poi sulla strada provinciale per San Polo, fino all’altoforno dell’ex cava. Sulla facciata dell’austero torrione da qualche giorno campeggia l’immagine di Teodora Fornari, una delle tante donne che fino agli anni ’80 hanno consumato la loro esistenza tra queste pietre, divenendo, nella trasposizione pittorica di Luis Gomez de Teran, memoria tangibile dello spirito di queste genti.
La testa incassata nelle spalle con il velo a celare i capelli, il viso scavato da profonde rughe, le mani giunte, tozze e callose, rendono l’idea di una vita improntata alla fatica ed al sacrificio, ma la luminosità dello sguardo e l’espressione del volto, quasi di sfida, restituiscono la straordinaria energia interiore e lo spirito tenace e battagliero.
L’opera, ispirata da una foto dell’architetto Romolo Belvedere, è parte dell’allestimento intitolato “Miniera D’oro“, ideato dallo stesso architetto per far rivivere luoghi della memoria popolare che rischiano di scomparire. Obiettivo centrato direi, visto l’interesse suscitato nei miei compagni d’avventura.
Con l’animo un po’ più ricco di prima, iniziamo l’ascesa sulle interminabili rampe per Prato Favale. Sul nastro d’asfalto la bici scorre ma le pendenze che a tratti sfiorano il 20% mettono a dura prova resistenza e capacità di concentrazione.
Un corteo multicolore risale la vallata sbuffando e giunto in cima si concede una breve sosta per riprender fiato contemplando la magnifica vista.
Proseguiamo su un sentiero che diviene progressivamente più ostile, fino a dover scendere di sella per spingere la bici su gradoni di roccia frastagliata. Ma il passaggio più critico dura poco, e in qualche minuto siamo in una magnifica faggeta con scorci da cartolina.
Avanziamo nelle vallecole alluvionali da secoli utilizzate per il transito del bestiame, tra alberi imponenti e rocce bianchissime tappezzate di muschi.
Proseguendo verso nord sul Sentiero dei Partigiani raggiungiamo la suggestiva Valle Cavalera, toponimo che ben identifica uno dei percorsi di transumanza più frequentati. L’antico tratturo nella stagione calda diviene un’ampia e fresca galleria tra i faggi secolari, e scrutando con attenzione il fondo disseminato di sassi si possono individuare anche delle linee percorribili in sella.
Procedendo con calma giungiamo ai Pratoni del Gennaro, il suggestivo altopiano carsico meta di tutti i percorsi di transumanza interna ed ancora oggi popolato da numerosi capi bovini ed equini al pascolo brado.
Il rinvenimento di numerosi insediamenti preistorici destinati alla produzione di armi di selce ed osso, testimonia la frequentazione dell’area sin dall’epoca neanderthaliana, probabilmente per cacciare le mandrie di ungulati presenti in zona.
L’importanza del luogo ebbe un prestigioso riconoscimento nel XVII secolo, divenendo, per l’enorme varietà di specie botaniche che qui vi prosperano, ambiente di studio e ricerca della nascente Accademia dei Lincei. Federico Cesi, principe di Sant’Angelo e San Polo dei Cavalieri, fondatore della prestigiosa istituzione scientifica, assegnò a questi luoghi una tale importanza da definirli nei suoi scritti Amphytheatrum Lyncaeum (Anfiteatro Linceo).
Ma la storia di questi luoghi si intreccia a filo doppio con quella delle comunità locali, al punto da impegnare generazioni di pastori marcellinesi nella realizzazione di un sentiero che dal paese consentisse di raggiungere agevolmente gli altipiani in quota con gli animali al seguito. L’antica mulattiera, denominata per questo Scarpellata, fece diventare i Pratoni e il Campitello una propaggine di Marcellina, come testimoniano le tracce ancora visibili di muretti a secco a delimitazione di antichi orti e ricoveri di bestiame. Ma in tempo di guerra divenne anche il giardino segreto, dove poter allevare il bestiame e coltivare patate ed altri generi di sussistenza al riparo dai periodici saccheggi delle truppe di occupazione.
Ed è così che oggi concludiamo il giro, dopo una pedalata tra gli animali al pascolo, percorreremo in discesa questa bellissima mulattiera.
Raggiunto il punto di attacco vestiamo le protezioni contemplando il magnifico scorcio panoramico sulla vallata, poi si parte per un primo passaggio su roccia esposta, il più ostico.
Superato il primo tratto il percorso diventa più flow, serpeggiando nel bosco con gomiti stretti e qualche passaggio tecnico. Ma essendo un sentiero naturale con fondo smosso e frequenti ostacoli, tronchi e rocce rotolate dalla parete, è buona regola procedere con prudenza, sempre pronti a fronteggiare qualche imprevisto.
Il breve filmato qui sotto rende l’idea del percorso meglio di tante parole.
Vecchi e nuovi amici per questa giornata epica.
Carmine Rosone
Salvatore Abela
Massimiliano Cenci
Gabriele Imperiali
Gianluca Proscio
Aljocha Valenti