Arrivando in auto colpisce la bellezza dei boschi, poi si scorge il lago, con le acque azzurro-verde, e si consolida la sensazione di essere finiti in un bel posto. Ma lasciando l’auto ed iniziando la salita in bici verso il Navegna, la vista dall’alto che di tanto in tanto si apre sul lago, i suoi contorni frastagliati incisi nel manto verde dei monti ed i minuscoli paesi incastonati tra la roccia nuda ed i boschi, danno l’impressione di entrare pian piano in una fiaba d’altri tempi, con tanto di elfi, fate e folletti.
Qui la natura regna sovrana, eppure il lago è opera dell’uomo, realizzato a partire dal 1936 regimentando le acque del fiume Turano con una possente diga costruita in località Posticciola. L’opera fa parte di un colossale progetto di ingegneria idraulica con cui si è realizzato anche il vicino lago del Salto, e collegando i due laghi tra loro con un condotto sotterraneo di 9 chilometri si è raggiunto un volume d’acqua sufficiente ad alimentare le turbine della centrale idroelettrica di Cotilia che soddisfa ancora oggi gran parte del fabbisogno elettrico della valle reatina.
Documentario storico sulla costruzione della diga
La salita inizia su asfalto, poi, giunti ad Ascrea, ci si addentra nel cuore della Riserva naturale del monte Navegna e Cervia, procedendo prima su cementata, poi su una sterrata sempre più accidentata e sassosa, lungo gli antichi sentieri della transumanza che dall’Abbruzzo occidentale davano accesso alla Sabina attraverso le Gole dell’Obito.
In compagnia del principe Zavettieri e del prode Biccheri proseguiamo senza particolari problemi verso il Navegna a quota 1.500, e nonostante il fondo smosso, le pendenze mai eccessive consentono di pedalare fino in cima, e poi oltre, fino ai pratoni, dove si può fare un riposino all’ombra di querce imponenti.
Il percorso
La discesa a valle è il pezzo forte. Percorso a ritroso il sentiero dei pratoni, si imbocca un avvincente single track nel bosco che costeggiando la collina scende fino alle Gole dell’Obito. Il sentiero è veloce e molto divertente, con numerosi passaggi tecnici che mettono a dura prova equilibrio e capacità di guida. Conviene fare attenzione a tronchi e rami disseminati lungo il tragitto ma l’insidia maggiore è costituita dai profondi solchi scavati dall’acqua piovana nella direzione del sentiero che passando di frequente da un lato all’altro creano improvvisi crepacci difficilmente superabili restando in sella.